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  • La friggitrice ad aria, questa sconosciuta…

    La friggitrice ad aria, questa sconosciuta…

    Spesso si sente parlare delle friggitrici ad aria o airfryer, le famose friggitrici che cucinano senza olio, ma se non si è avuto modo di averne una per le mani pare essere un qualcosa di strano e inutile e dagli incerti risultati gastronomici, ma in realtà non è cosi e generalmente chi l’ha acquista difficilmente si pente dell’acquisto.

    Innanzitutto capiamo cosa sono e come funzionano: si tratta di una sorta di forno elettrico ventilato di piccole dimensioni, con un cestello estraibile, generalmente in materiale antiaderente, dove inserire le pietanze da “friggere” e che ci permettono di avere i nostri cibi pronti  in 10/20 minuti ,a seconda delle quantità e della tipologia di alimento, senza odori , evitando di usare litri di olio per la preparazione, cosa che rende i cibi più leggeri e meno calorici rispetto a una frittura tradizionale.

    La sua particolarità è proprio che che i cibi non vanno a bagno d’olio, cosa che tecnicamente non la definisce come una vera “friggitrice”, dato che la cottura dipende dall’aria calda prodotta da una resistenza e diffusa tramite una ventola.

    Questo tipo di cottura fà si che gli alimenti assorbano molto meno olio, rendendoli più leggeri e salutari, ma attenzione molto meno olio non significa zero olio, perchè in realtà l’olio , seppure in minima quantità, è presente nei cibi surgelati come patatine fritte, spinacine, sofficini e simili , che sono gli alimenti ideali per questo tipo di apparecchio, mentre per gli alimenti freschi è necessario ungere i prodotti prima della cottura.

    Ed eccolo qui il segreto: l’olio, seppure in quantità molto inferiore c’è anche nelle friggitrici ad aria, ed è quello che rende croccanti i nostri fritti, ma con il vantaggio che non sarà necessario usarne litri, con risparmio sul portafoglio e sulla salute dato che sulla friggitrice tradizionale viene riutilizzato più volte rendendolo sconsigliabile per la salute specie se si esagera con il suo riutilizzo.

    C’è da dire che il risultato finale non è esattamente lo stesso di una friggitrice tradizionale, ma sopratutto su alcuni cibi ci si avvicina parecchio , ad esempio le patatine fritte surgelate, col vantaggio di avere un cibo più salutare, meno calorico e sopratutto cucinato senza odori e vapori che avremmo avuto utilizzando una friggitrice elettrica tradizionale, mentre per qualche altro cibo il risultato è più simile ad una cottura al forno più che a una frittura, ma comunque più che accettabile.

    Qualche piccolo accorgimento ovviamente è necessario per questa tipologia di cottura , come girare sotto sopra, almeno una volta durante la cottura, gli alimenti per fare in modo che si formi la crosticina croccante tipica dei fritti;  a seconda del tipo di alimento da cuocere bisogna preriscaldare la friggitrice per qualche minuto prima di inserire i cibi, e sopratutto ungere con olio i prodotti freschi che si vuole cucinare, ma nulla di particolarmente complicato, specie quanto si prende l’abitudine.

    Inoltre il fatto che sostanzialmente si tratta di una sorta di forno elettrico, fa sì che ci siano altri usi oltre alla “frittura”, potendola utilizzare compatibilmente con le ridotte dimensioni del cestello anche per la cottura dei cibi, come il pollo arrosto o per riscaldare il pane, che passa dal freezer surgelato a caldo e croccante come appena sfornato in appena 4 minuti.

    Anche per i più scettici, il mio suggerimento è di provarla: dato che non è più una novità i costi degli apparecchi si sono parecchio ridotti con l’arrivo , anche nei supermercati e discount, di prodotti di produzione cinese a costi ridottissimi, anche inferiori ai 50 euro.

    Nella scelta di una friggitrice ad aria, quello che è da valutare è innanzitutto la dimensioni del cestello, possibilmente di almeno 3,5 litri, dove maggiori dimensioni significa potere cucinare quantità maggiori in una sola cottura, ma sopratutto avere la possibilità di cuocere in modalità forno elettrico degli alimenti, come un pollo intero, che altrimenti fisicamente non entrerebbero nel cestello e quindi non potrebbero essere cucinati.  In seconda battuta c’è da valutare se avere un modello digitale con display e tasti al posto delle manopole meccaniche, e sui modelli di alta gamma più costosi la possibilità di girare gli alimenti in maniera automatica, che evita la scocciatura di dover aprire il cestello a metà cottura per girare i cibi.

    Ad ogni modo è una scelta sensata specie per chi ama i fritti ma vorrebbe evitare le scocciature di una friggitrice tradizionale, ottima per chi usa spesso alimenti surgelati o che cuoce al forno piccole quantità di cibo, magari per uno o due persone, risparmiando sui tempi e sui consumi date le ridotte dimensioni rispetto a un forno tradizionale.

  • E’ arrivato il momento delle auto elettriche?

    In un mondo sempre più attento all’ambiente le auto elettriche destano sicuramente interesse, ma sono la scelta migliore? Ovviamente la risposta non può essere univoca, perchè le esigenze cambiano a seconda delle nostre abitudini, ma la tecnologia delle batterie non ancora sufficientemente sviluppata relegano la convenienza di questo sistema di alimentazione sono ad alcuni casi specifici.

    Infatti sull’elettrico esistono tanti miti su sui pregi e difetti: se è vero che le auto sono silenziose, non è detto che siano davvero ecologiche o economiche come si crede.

    Certamente dire che una macchina elettrica non sia ecologica può sembrare una provocazione ma in realtà non lo è , perchè se è pur vero che non c’è emissione di inquinanti laddove l’auto è utilizzata, va considerato come l’energia che alimenta l’auto è prodotta: se tale energia proviene da un’inquinante centrale a carbone si è solo spostato il problema: anzichè inquinare in città si inquina nei pressi della centrale elettrica, inoltre la produzione e sopratutto lo smaltimento delle batterie è un processo altamente inquinante, tale che se secondo alcuni studi le emissioni complessive di una macchina elettrica nel suo intero ciclo di vita sarebbero addirittura superiori a un’auto diesel se si considera anche la produzione di energia e batterie.

    Ovviamente se le automobili elettriche, le batterie e l’energia che le alimenta e che è stata necessaria per la produzione provengono da fonti pulite e rinnovabili l’impronta sull’ambiente è minore e quindi più sostenibile, ma va anche considerato che la macchina più ecologica è quella che non viene prodotta, perchè l’inquinamento prodotto dallo smaltimento di un’automobile attualmente in circolazione e dalla produzione di una nuova, seppur meno inquinante, tendenzialmente è maggiore del risparmio sulle emissioni tra la nuova auto e quella che va a sostituire, specie se la macchina che si rottama è ancora efficiente e non troppo datata, pertanto già rispondente alle norme anti inquinamento, seppure non nelle ultimissime versioni.

    Anche l’economicità delle auto elettriche è tutta da vedere: sicuramente allo stato attuale una automobile a batterie costa molto di più di una a motore termico, anche se è vero che con una maggiore diffusione di questa tecnologia i costi, per via delle economie di scala, si abbasseranno. Inoltre è probabile ricadere in incentivi vari da parte di case costruttrici, governi e amministrazioni locali che possono abbattere almeno in parte il prezzo di acquisto e la differenza di prezzo con un’auto tradizionale.

    Discorso differente è l’energia elettrica che fa da “carburante” alla nostra auto, se è vero che si può ricaricare in garage attingendo all’impianto elettrico casalingo, magari dotato di un sistema di auto-generazione di energie rinnovabili come un’impianto fotovoltaico o minieolico, è anche vero che bisogna mettere in conto degli adeguamenti all’impianto elettrico, vuoi per l’acquisto di una wallbox per la ricarica dell’auto dal costo di alcune migliaia di euro, sia per l’adeguamento della potenza dell’impianto per permettere ricariche più veloci e l’utilizzo di altre apparecchiature elettriche della casa in contemporanea alla ricarica dell’auto.

    Ovviamente non tutti hanno un garage in casa dove poter ricaricare l’auto (e questo limita la platea di possibili acquirenti delle auto elettriche), ma è possibile ricaricare le proprie automobili alle colonnine pubbliche, ma qui il discorso si complica: se è vero che esistono delle colonnine pubbliche che consentono , a determinate condizioni, la ricarica gratuita delle auto elettriche, generalmente i tempi di ricarica sono molto lunghi, mentre quando le colonnine sono a pagamento i costi non sempre sono competitivi , a parità di chilometraggio, con il costo dei carburanti tradizionali, e le cose peggiorano quando si fa uso di stazioni di ricarica super veloci, dove spesso i costi di ricarica , vuoi anche per la comodità del servizio rapido, sono più esosi di quelli che si avrebbero con un’auto termica.

    A questo discorso vanno tenuti da conto i tempi di ricarica che sono molto più lunghi rispetto a quelli di un’automobile tradizionale di diversi ordini di grandezza: da una mezz’ora necessaria ad una ricarica superveloce alle 24-48 ore necessarie per una completa ricarica lenta casalinga in un’impianto standard, che impongono la necessità di ripensare l’uso dell’auto.

    Sopratutto per l’uso fuori città,  non potendo ricaricare alla bisogna l’autonomia dell’auto in tempi brevi si è costretti a pianificare il viaggio in funzione dei punti di ricarica e del tempo necessario per la ricarica stessa, e questo significa allungare i tempi di viaggio , seppure ottimizzando i tempi morti della ricarica con altre attività come pranzare o fare shopping, va a mancare la libertà di poter decidere all’ultimo secondo come e dove andare, togliendo all’auto il suo storico ruolo di strumento di libertà e finendo paradossalmente quasi a diventare schiavi delle necessità di ricarica dell’auto.

    Un’adeguata rete di colonnine per la ricarica, sopratutto quelle rapide, diventa essenziale per l’uso extra urbano, perchè l’assenza renderebbe impossibile raggiungere determinate destinazioni, o poter tornare a casa in assenza di punti di ricarica, creando un problema di copertura del servizio di mobilità alla stregua del segnale telefonico.

    Va anche considerato che al momento la tassazione delle auto elettriche è conveniente, ma non è detto che lo sia in futuro, perchè il gettito fiscale delle auto termiche che verranno a mancare per il passaggio all’elettrico dovrà essere in qualche modo compensato, e un modo potrebbe essere nella maggiore tassazione dell’energia elettrica, cosa che potrebbe sparigliare i conti sulla convenienza delle auto a batterie.

    Ovviamente con l’evoluzione della tecnologia, con batterie di nuovo tipo magari più capienti , più economiche, più leggere per limitare i consumi e con tempi di ricarica più brevi magari ci si avvicinerà al concetto di un’automobile tradizionale, ma allo stato attuale l’uso di un’auto elettrica presuppone dei compromessi che non tutti hanno la possibilità o la voglia di accettare, seppur animati dal più fervente spirito ecologico.

    Ad ogni modo la tecnologia compie sempre passi da gigante e nuove soluzioni sono all’orizzonte, come le fuel-cell: sostanzialmente delle auto elettriche dove al posto delle batterie è presente un sistema di generazione dell’energia che può essere ricaricato, con idrogeno ad alta pressione, in pochi minuti e che non produce inquinamento, garantendo autonomie comparabili alle automobili tradizionali, ma che al momento soffre di problematiche tecnologiche che non rendono particolarmente sostenibile economicamente la produzione di idrogeno.

    Tante nuove soluzioni, contemporaneamente all’evoluzione delle auto tradizionali, che vuoi per i costi, vuoi per le necessità di ricarica rapida, si ridurranno ma non potranno essere completamente eliminate nel breve periodo, porteranno in un futuro varie tipologie di automobili per rispecchiare diverse esigenze degli utilizzatori creando un mix più vario dell’attuale, rendendo l’elettrico una buona soluzione in ambito di una mobilità cittadina, specie se si ha la possibilità di ricaricare l’auto nel proprio garage, magari lasciando prima al diesel e poi alle fuel-cell il ruolo di tecnologia ideale per le lunghe distanze.

  • Il diesel conviene ancora?

    Se avete in mente di comprare o cambiare auto, sicuramente una delle cose da valutare oltre a prezzo, dimensioni e dotazioni è l’alimentazione del nostro mezzo. Meglio Benzina magari con impianto a GPL o metano, Diesel oppure orientarsi alle ibride o addirittura alle elettriche?

    Se fino a poco tempo fa ci si orientava sui benzina per basse percorrenze (entro i 10-15.000km.) e diesel se si superava quella soglia, ora i conti sono cambiati.

    I diesel infatti per via delle sempre più stringenti norme anti inquinamento richiedono sistemi sempre più complessi per poter non superare i limiti, e questo ha portato all’introduzione di sistemi come il FAP che richiedono una procedura di pulizia del filtro periodica che va fatto a velocità sostenuta per almeno 15/20 minuti, pena dover procedere allo svuotamento del filtro in officina o addirittura la sostituzione del catalizzatore con costi importanti o l’SCR che richiede un’additivo (adblue), che va aggiunto al gasolio in un’apposito serbatoio.

    Se si fa un uso prevalentemente cittadino dell’auto, vanno considerati i blocchi del traffico che colpiscono i diesel, anche i più recenti, più stringenti ci quelli per i benzina, oltre a questo i tragitti brevi cittadini non fanno bene alla longevità di motori pensati per le lunghe percorrenze, ma sopratutto non si avrebbe modo di attuare la procedura di pulizia del FAP, che richiede strada libera a velocità sostenuta, che non può esserci in città con code e semafori, cosa che può portare a seccature ed ingenti spese di manutenzione.

    Inoltre i benzina, grazie al downsizing dovuto all’introduzione di massa del turbo sono sempre più efficienti sia come prestazioni che come consumi,  e  l’erogazione di coppia in basso della turbina li rende più vivaci a bassi regimi rendendoli simili ai diesel. Va anche considerato che generalmente un benzina costa meno sia di acquisto che di manutenzione rispetto a un’omologo a gasolio, quindi anche la soglia chilometrica di convenienza si allunga a favore dei benzina.

    Altro aspetto da considerare è che rispetto a prima le auto a trazione elettrica, sia quelle completamente elettrica che quelle ibride costano molto meno di un tempo e iniziano in certi casi ad essere un’alternativa valida alle classiche benzina e diesel.

    Le ibride sopratutto, che aggiungono un motore elettrico a uno termico, non soffrono di problemi di autonomia e non costano troppo rispetto ai corrispettivi tradizionali, anche perchè ne derivano strettamente, e almeno al momento diventano un toccasana per i blocchi del traffico delle grandi città.

    Le vere elettriche alimentate solo a batteria sono più complesse, costose e spesso soffrono di problemi di ridotta autonomia, che non permettono lunghi viaggi, anche per via dei lunghi tempi necessari alla ricarica (che richiedono dal minimo di una mezzora a diverse ore a seconda di capacità della batteria e voltaggio della rete) ma sono la soluzione ideale per i patiti dell’ambiente che girano spesso in città (anche se a dire il vero andrebbe ben capito quanto e come impatta sull’ambiente la produzione dell’energia e lo smaltimento delle batterie) e dovrebbe garantire anche per il futuro l’esenzione da tasse e blocchi del traffico, oltre alla possibilità di ricaricare la propria auto nel proprio garage, cosa che potrebbe rivelarsi a seconda dei casi, anche in funzione di alcuni incentivi, non solo comodo ma anche molto conveniente.

    Anche GPL e metano sono delle interessanti ed economiche alternative ai combustibili tradizionali, anche se con alcuni contro che vanno comunque valutati. Infatti se è pur vero che la rete di distributori è meno capillare rispetto a gasolio e benzina (e al momento non esistono distributori automatici), che esistono alcune limitazioni nei parcheggi interrati, che necessitano di maggiore manutenzione e collaudi periodici da parte di impiantisti specializzati, che a seconda dei casi si perde spazio nel bagagliaio, ma il costo più basso del carburante fa ammortizzare i costi dell’impianto in breve tempo permettendoci di risparmiare anche la metà rispetto a un pieno tradizionale.

    Un vantaggio dei diesel rispetto ad altre alimentazioni era la maggior tenuta del valore dell’usato, anche in funzione di una presunta maggiore longevità del motore, cosa che potrebbe essere minata in futuro dai sempre più frequenti blocchi del traffico che li colpiscono e la sempre più probabile futura scomparsa dei diesel dal mercato specie nei segmenti più piccoli, per via della poca convenienza economica delle case ad investire per adeguarsi alle sempre più complesse normative ambientali, e dalla maggior convenienza della mobilità elettrica.

    Insomma alla fine, ci sono sempre più elementi e alternative da valutare in funzione dell’uso che si fa dell’auto e dei chilometraggi previsti. A voi la scelta!

  • Auto usate, qualche consiglio utile

    Acquistare un’auto usata è sempre un’incognita, per quanto si possa conoscere o fidarsi del precedente proprietario non si è mai sicuri delle condizioni della macchina, e se ci stanno rifilando qualche fregatura.

    Generalmente le fregature più comuni sono i chilometri scalati (si modifica fraudolentemente il chilometraggio per far sembrare più giovane un’usato troppo “usato”, altrimenti difficilmente vendibile o appetibile specie a certi prezzi…), la presenza di difetti costosi da riparare o di grossi incidenti pregressi e opportunamente celati, e le truffe dove a fronte del versamento di una caparra per bloccare la vettura, il venditore sparisce o cerca di vendere un’auto non sua.

    Se non si ha una certa esperienza, alcune catene di autoriparatori (es. Bosch, Certificauto, TUV, Checkstar, Rhiag A posto, etc.) forniscono a pagamento (circa 100-150 euro) un servizio di check sia meccanico che amministrativo che certifica in maniera indipendente lo stato dell’auto, aiutandoci a schivare una possibile fregatura.

    Altra cosa da capire è chi era il precedente proprietario: se fosse un privato, ci si deve affidare alla serietà della persona, dalla manutenzione effettuata (la presenza del libretto dei tagliandi e le fatture delle riparazioni è un buon indice) e da una prova su strada per verificare l’assenza di strani rumorini e comportamenti in marcia, e nel dubbio rifiutare l’offerta.

    Se invece il vecchio proprietario era una ditta, le cose si complicano un pò, generalmente le auto “aziendali” arrivano da concessionarie e società di noleggio. Quelle provenienti da concessionarie possono essere state in uso a dipendenti oppure come auto sostituitiva ai clienti, in questo secondo caso può essere indice di un uso non molto oculato della vettura nonostante il probabile check-up del veicolo ad opera dell’officina interna.

    Tra quelle provenienti da società di noleggio ci sono ottimi usati ed altri meno buoni: se si tratta di noleggio breve termine (le classiche società di noleggio presenti negli aeroporti , tipo Avis, Hertz, Europcar, SicilybyCar e similari, che ormai vendono anche ai privati le loro auto al termine del loro ciclo di vita) nonostante sia abbia una certezza del chilometraggio, probabilmente l’uso della macchina non è stato ottimale rispetto ad un’auto guidata sempre dalla stessa persona (dovendola restituire dopo poco tempo per esempio l’utente spesso non si cura di evitare di tirarla a freddo o di scansare una buca, cose che a lungo andare possono creare problemi alla vettura…).

    Se invece le auto arrivano da una società di noleggio a lungo termine (es. Ald, Arval, Alphabet,Leasys, Athlon, Leaseplan, etc.), sono auto provenienti da flotte aziendali, visto che alle grandi aziende conviene per vari motivi (fiscali, gestione,prezzo) noleggiare le auto da società specializzate piuttosto che comprarle direttamente: la discriminante è l’uso dell’auto: se era in uso come car pooling, dove più dipendenti accedono alla stessa auto in base alla disponibilità oppure affidata esclusivamente a un solo dipendente (a volte l’automobile di servizio è proprio un benefit aziendale previsto dai contratti di lavoro, specie a livelli medio-alti).

    In entrambi i casi auto del genere hanno la certezza di chilometraggi certificati (dato che i contratti prevedono un dato chilometraggio in un periodo di tempo prestabilito) e di manutenzione effettuata regolarmente alle scadenze previste dal produttore, dato che i costi dei tagliandi sono inclusi nel canone di noleggio. In caso di car-pooling le preoccupazioni sull’uso dell’auto sono simili a quelle del noleggio a breve termine, mentre quelle in uso esclusivo a un singolo dipendente possono rivelarsi dei buoni affari.

    Infatti le aziendali date in uso esclusivo a un dipendente sono quelle vendute direttamente , anche ai privati, dalle società di noleggio a prezzi generalmente più bassi della media del mercato, dato che quelle più sfruttate, magari passate per il car-pooling , che necessitano di essere ripristinate per via di guasti o incidenti o più vecchie finiscono vendute agli operatori del settore, che acquistandole a buon prezzo hanno il margine per ripristinarle e venderle negli autosaloni dell’usato.

    Riuscire ad acquistare dalle società di noleggio, per un privato, può essere la scelta vincente: quelle vendute direttamente , anche per evitare problemi con la garanzia, generalmente sono le migliori : modelli più richiesti in allestimenti generalmente completi dei principali optional, più giovani, meno sfruttate e senza grossi difetti. Il problema è che la macchina potrebbe trovarsi dall’altra parte del paese (vanno infatti ben valutati i costi per andare a vedere prima, e ritirare l’auto poi) e le tempistica di consegna, dove per ragioni burocratiche sono necessari diversi giorni dopo la stipula del contratto prima di poter ritirare l’auto.

    Per l’acquisto di queste auto aziendali, se non si abita nei pressi dei piazzali delle società di noleggio, ci si può rivolgere a internet o tramite i soliti motori di ricerca tipo Autoscout24, Automobile.it, Autouncle e similari, dove spesso sono inserzionate, oppure direttamente ai siti delle società di noleggio (es. Ald, Arval, Leasys, Alphabet, Athlon, Leaseplan, etc.) o dei loro intermediari (es. The hurry , Ariel CarCentrovenditadiretta, etc.).

    Buona ricerca!

     

     

     

  • Condividere gli account digitali

    Ormai molti servizi via internet di ultima generazione, da quelli per lo streaming di contenuti video o audio, ai videogiochi, ad addirittura la fornitura software sono passati dal paradigma di vendere una licenza a prezzo fisso al concetto di abbonamento mensile o annuale.

    La cosa ha convenienza per i gestori dei servizi in quanto tende ad abbattere la pirateria , non richiedendo una grossa cifra una tantum per accedere al servizio, dato che si va a trasformare in un canone mensile di pochi euro e permette sopratutto di tagliare il servizio ai clienti che non pagano, come accade per le utenze, dove se non si paga la bolletta il gestore può cessare l’erogazione dei servizi fino al pagamento dei debiti pregressi.

    Fortunatamente questi servizi sono totalmente online e generalmente permettono di non avere contratti capestro che ci legano al servizio per un lungo periodo di tempo, consentendoci di disdire o bloccare il servizio mese per mese.

    Spesso poi il primo periodo è pure gratis per invogliarci a provare il servizio e capire se effettivamente andremo ad utilizzarlo. Essendo però dei servizi legati ad un’account, se in famiglia più membri volessero utilizzare lo stesso servizio (esempio i genitori guardare un film mentre il bambino vuole vedere i cartoni, oppure se due fratelli vogliono ascoltare musica in streaming  ciascuno nella propria stanza nello stesso momento) servirebbero in teoria più account moltiplicando la spesa per il servizio.

    Anche qui le compagnie tecnologiche hanno messo una pezza inventando degli account family, che ad un canone un pò più alto di quello standard consentono di condividere più account all’interno della stessa famiglia.

    Questi account family però, nelle pieghe dei contratti dei vari gestori, possono, a seconda dei casi, permettere una condivisione con amici e parenti: da un punto di vista tecnico è possibile se non si vanno a superare un certo numero di utenti attivi nello stesso momento, pena il blocco dell’erogazione del servizio, dal punto di vista legale dipende da servizio a servizio: qualcuno è legalmente condivisibile con gli amici, qualcun’altro solo con familiari, qualcun’altro con conviventi (esempio dei coinquilini che si dividono un’appartamento e quindi possono condividere il loro account family): quindi per un servizio che costerebbe 15 euro al mese, diviso per 5 , che generalmente è il limite massimo degli utenti contemporanei consentiti, significa spendere solo 3 euro al mese ad utente se si riescono a trovare altre 4 persone con cui dividere la spesa.

    Ovviamente i condivisori non possono a loro volta ri-condividere l’account ne usare due istanze del servizio in contemporanea pena creare problemi ai colleghi di condivisione che potrebbero non avere più accesso al servizio poichè si supererebbe il limite, inoltre un uso contemporaneo troppo frequente può far insospettire il gestore che a seconda dei casi può sospendere l’account.

    Per chi si vuole cimentare in queste condivisioni, sempre se il servizio legalmente lo permetta, è nato un sito che le gestisce, chiamato Toghter Price, che facilita la condivisione degli account e permettere di trovare, tramite una sorta di bacheca online, colleghi di condivisione a cui vendere gli slot, e sopratutto riscuotere le quote, prendendo a seconda dei casi una piccola percentuale per la transazione.

    Comodo e geniale, ma ovviamente, lo ripetiamo, può essere utilizzato solamente per servizi che legalmente permettano la condivisione e che si rispettino le condizioni imposte dal gestore (esempio fare parte di una stessa famiglia o abitare allo stesso indirizzo).

  • Comprare dalla Cina conviene davvero?

    Navigando in rete, magari vedendo ciò che viene pubblicizzato in certi banner vi sarà venuto in mente di acquistare dei prodotti dalla Cina. Considerando che gran parte dei negozi vendono prodotti provenienti dal celeste impero, probabilmente saltando qualche intermediario avrete pensato che potrebbe scapparci l’affare. E’ davvero cosi?

    Purtroppo non esiste una risposta univoca, perchè se è pur vero che acquistare alla fonte può portarci a trovare dei prezzi bassi, non è affatto vero che ciò convenga.

    Infatti vanno considerati diversi fattori, in primis la qualità: un prodotto cinese pensato da cinesi per il mercato cinese ha degli standard qualitativi più bassi di quelli per cui siamo abituati, compresa la maggiore difettosità. Un prodotto ingegnerizzato o comunque pensato per i mercati occidentali, seppur prodotto in Cina, è sicuramente di qualità migliore. Ovviamente quanto questa qualità incide dipende dal prodotto che cerchiamo e dal nostro budget, ma dover rispedire un prodotto difettoso a un centro di assistenza in Cina, come avremmo modo di vedere, non è sempre una soluzione conveniente.

    Un problema un po più importante che riguarda i prodotti cinesi è la certificazione: un prodotto pensato per la Cina deve sottostare a delle regole ben più blande di quelle richieste alle nostre latitudini, pertanto il prodotto cinese costa meno anche per questo motivo. Tralaltro un prodotto che non rispetta le regole in vigore nel nostro paese potrebbe venire sequestrato in dogana, aggiungendo la beffa di non ricevere un prodotto già pagato e magari rischiare pure delle sanzioni per via del nostro acquisto.

    Altro fattore importante è quello delle contraffazioni: in Cina ne girano parecchie, addirittura esistono contraffazioni di imitazioni: non potendo visionare con mano si rischia di pagare per buono un prodotto illegale, anch’esso a rischio di sequestro, oltre a trovarci un prodotto con caratteristiche inferiori rispetto a quelle dichiarate (anche se il problema è presente anche con prodotti perfettamente legali dove capita spesso di trovare reclamizzate delle prestazioni ben superiori di quelle effettive).

    Conviene sempre accertarsi che il prodotto che vogliamo acquistare sia di buona qualità e fattura, sia originale, che provenga da un venditore affidabile, e che esista una sorta di protezione per gli acquirenti (dal feedback sui venditori, al rimborso in caso di mancata consegna o di prodotto contraffatto, come previsto sia da ebay pagando con paypal, sia dai maggiori e-commerce cinesi), anche avvalendosi dei consigli di chi già ha acquistato quel prodotto, reperibili nelle recensioni in rete e sui forum.

    Al di la del fattore prodotto, gioca un ruolo importante anche la spedizione: è bene valutare molto bene i costi e i tempi di consegna. Infatti è possibile spedire dalla Cina a prezzi molto bassi, ma con tempi di consegna lunghi (a volte una spedizione economica tra tempi di spedizione e sdoganamento potrebbe arrivare sulla nostra scrivania anche tre mesi dopo il giorno dell’ordine), mentre per contro le spedizioni con corriere, nonostante garantiscano una consegna in meno di una settimana hanno costi assai elevati.

    A questo si aggiunge il fattore dogana. Purtoppo la dogana italiana è forse una delle piu lente e burocratiche del pianeta: una volta che il nostro pacchetto arriva in terra italiana, deve essere sdoganato,con costi e sopratutto tempi incerti. I costi (sdoganamento, iva e dazi) in realtà sarebbero ben definiti, ma la dogana ha la facoltà di ispezionare il pacco e qualora non ritenesse congruo il valore dichiarato in bolla può applicare gli oneri su una loro stima del valore, a meno che non si provi (ad esempio con la fattura dei prodotti acquistati) il reale valore dei beni. Purtroppo però quando ci si trova in questo caso (a volte anche  per colpa di chi spedisce che pensa ingenuamente che dichiarare il contenuto come regalo o con un valore molto basso, inferiore alla franchigia doganale , possa servire ad evitare il controllo e il relativo pagamento degli oneri doganali) si entra in una sorta di calvario che tra tempi di sdoganamento lunghi per via del poco personale, raccomandate, fax e call center sempre occupati, fa si che si perda anche più di mese da quando il nostro plico arriva in terra italiana.

    Esiste poi qualche trucchetto per cercare di farla franca in dogana (ad esempio di questi tempi va di moda farsi spedire la roba con le poste di una nazione europea, esempio olandesi o svedesi, che vendono i propri servizi di spedizione internazionale anche in Cina, e raggruppano le spedizioni  fino alla propria nazione per poi spedire da li il pacco alla destinazione europea, ed avendo la spedizione un codice internazionale europeo tende a saltare i controlli doganali, recuperando i più lunghi tempi di consegna con il bypassare la nostra lenta dogana)  , ma non sono mai garanzia assoluta, anche perchè la validità di questi trucchetti non dura in eterno (un tempo si suggeriva per passare indenni dalla dogana di utilizzare i corrieri espresso, ora invece utilizzando questo tipo di spedizione si ha la certezza di essere fermati, anche se i tempi di sdoganamento sono effettivamente più rapidi) e non è garantita.

    Ovviamente se mettiamo in conto costi e tempi è possibile che nel periodo che intercorre tra l’ordine e la consegna il nostro prodotto scenda di prezzo, e che quindi comprarlo in europa, saltando le lunghe tempistiche necessarie di un acquisto intercontinentale,  possa costarci anche meno, oltre al fatto che più un pacco rimane in giro e più rischia di perdersi o di finire in mano a qualche impiegato postale disonesto.

    A questo si aggiunge il discorso garanzia : infatti seppur di durata inferiore ai nostri 2 anni, anche un prodotto venduto in Cina gode di una garanzia: il problema è che rispedire in Cina il nostro prodotto guasto ci espone a diverse problematiche. La prima è il costo della spedizione , infatti diversamente dalle spedizioni originate dalla Cina, spedire un pacchetto dall’Italia verso la Cina è molto costoso, e spesso per rispedirlo si va a spendere più di quanto ci è costato il prodotto da far riparare, rendendo poco conveniente la cosa. A questo si aggiungono i tempi di spedizione (che incidono anche sul valore residuo di un prodotto elettronico, che quando ritornerà dall’assistenza potrebbe  essere stato sopravanzato dal nuovo modello uscito nel frattempo, perdendo di valore), sia all’andata verso il venditore che per la riconsegna e i costi della dogana per il prodotto riparato. Sicuramente rispedire il prodotto a un centro di garanzia europeo significa tempi certi e costi piu brevi.

    Il consiglio è quindi di non considerare il solo prezzo del prodotto, ma tutti questi fattori di cui si parlava: probabilmente per pochi euro in più potremmo trovare lo stesso prodotto in europa sia in rete (accertandoci pero’ che la spedizione avvenga dal territorio europeo: spesso alcuni venditori, specie su ebay o sul marketplace di amazon, fanno dropshipping dalla cina, questo significa che fanno spedire per loro conto il prodotto da un venditore cinese facendoci un ricarico, ma questo ci espone agli stessi problemi di un acquisto fatto direttamente in Cina), o sia nei mercatoni cinesi oramai presenti nelle periferie di tutte le nostre città o addirittura nei centri commerciali, dove si trovano sempre più spesso prodotti di provenienza cinese distribuiti da ditte europee a prezzi poco più alti di quelli del paese di origine, ma che godono dei 2 anni di garanzia europea, e dell’assistenza del venditore, al quale poterlo riportare per la sostituzione in caso di problemi.

  • La birra fatta in casa conviene davvero?

    La birra fatta in casa conviene davvero?

    La birra è una bevanda rinfrescante adatta a un po tutte le occasioni: dall’aperitivo, ai pasti, al dopocena, magari bevuta al pub in compagnia degli amici. La domanda che però ci facciamo è, dato che se ne consuma tanta è conveniente prodursi la propria birra?

    La risposta è “ni”, perchè dipende molto da che birra beviamo, quanta ne beviamo e in che occasioni. Infatti se la usiamo per pasteggiare e siamo soliti comprare quella meno costosa che troviamo negli scaffali dei supermercati o dei discount sicuramente prodursela a casa, anche considerando il costo di attrezzature, materiali e tempo impiegato probabilmente non conviene.

    Se invece siamo amanti di birre particolari, magari di certi particolari stili, amiamo le birre artigianali e ricercate (che spesso costano quanto se non più di un vino e a volte ne hanno la stessa gradazione), magari le regaliamo agli amici altrettanto appassionati allora il discorso cambia.

    Inoltre c’è da dire che l’home brewing, l’arte di farsi da soli la birra in casa, è principalmente un hobby (che per qualche fortunato è anche diventato un lavoro a tempo pieno), sopratutto in quanto consente di dare un tocco personale alle proprie creazioni, dal sapore all’etichetta.

    Ma vediamo rapidamente cosa occorre per fare una birra casalinga: fortunatamente esistono dei kit che consentono all’appassionato di trovare in un’unica scatola tutto cio che occorre per la preparazione, compreso un valido libretto di istruzioni con la procedura passo passo da seguire, e che consente dei risultati sicuramente non peggiori della birra che si compra al supermercato, a patto di seguire tutte le indicazioni fornite.

    Il kit si compone di uno o piu fermentatori (dei bidoni di plastica simili a quelli della tinta per pareti), un’apposito gorgogliatore da mettere in cima al bidone, un mestolo in plastica, dei tubi in gomma per il travaso, un termometro adesivo e un densimetro necessari per capire quando parte e quando finisce la fermentazione, una soluzione per la sanificazione , una tappatrice e i relativi tappi a corona.

    A questo kit va aggiunto , almeno per i procedimenti più semplici adatti anche ai principianti, una confezione di malto in kit ,da scegliere tra centinaia di stili (giusto per fare qualche esempio, dalla classica pils, a quella al frumento, alla bianca, o alle varie tipologie di origine belga, alla stout o alle IPA, etc.) , tipologie e produttori per ottenere il tipo di birra preferito, al quale va aggiunto dello zucchero o dell’estratto di malto , dell’ acqua nella quantità indicata dalla confezione di malto scelta e il lievito fornito insieme al malto, e ovviamente delle bottiglie che potremmo recuperare facilmente , basterà conservarle o farcele dare da qualche bar o pub.

    Il procedimento con l’uso di malti in kit è semplice e non richiede particolari perizie e anche il tempo necessario non è tanto: basterà dedicare un’oretta alla preparazione , attendere che fermenti circa una settimana per poter imbottigliare, e almeno altre due perchè avvenga la seconda fermentazione in bottiglia, per poterci consentire di gustare la nostra birra ,anche se è preferibile a seconda della birra lasciarla maturare per qualche settimana in più per ottenere un miglior risultato.

    Dicevamo che la preparazione è una cosa abbastanza semplice: è importantissimo sanificare col prodotto fornito tutto ciò con cui la bevanda andrà in contatto, dal fermentatore ai mestoli, alle bottiglie. Fatto questo dovremmo scaldare a bagnomaria la confezione del malto per una decina di minuti poichè la sostanza contenuta divenga da mielosa a liquida, aggiungere dell’acqua nel fermentatore, il malto appena scaldato, lo zucchero o l’estratto di malto e amalgamare il tutto. Quando la temperatura sarà scesa si aggiungerà il lievito fornito insieme al malto, si tapperà il fermentatore , si inserirà il gorgogliatore e si effettuerà la prima misurazione col densimetro .Dopo qualche giorno il nostro mosto sarà fermentato (dovremmo misurarlo ancora con il densimetro) quindi andrà aggiunto dell’ulteriore zucchero e  imbottigliato per la seconda fase della fermentazione, che avviene in bottiglia, e della maturazione: in pratica gia dopo un mese potremmo gustare la nostra birra, anche se le tempistiche variano molto sia a seconda del malto scelto che della temperatura.

    Le cose cambieranno se appassionandosi si vorrà evolvere scegliendosi personalmente malti e luppoli, che richiedono dei processi più complicati che portano via circa 8 ore per la sola preparazione del “mosto”, oltre a richiedere una maggiore strumentazione, ma questo sarà un passo eventualmente da affrontare se vorremmo portare avanti il nostro hobby in una maniera più professionale.

    Quanto ai costi, il kit iniziale che possiamo riutilizzare per tutte le nostre birre, costa a seconda della composizione e della qualità dei componenti tra i 60 e i 100 euro. Un barattolo di malto in kit comprensivo del lievito costa intorno ai 15 euro e permette di fare dai 9 ai 23 litri di birra a seconda del malto scelto (più il tasso alcolico della birra è alto e meno se ne produce) . A questo si aggiunge, a seconda del malto, circa un chilo di fermentabili come lo zucchero (quello classico che è sconsigliato costa circa 1 euro al kg, quello di canna 2, del miele o il destrosio che invece non lascia residui ed è consigliabile costa circa 2,5 al kg) oppure l’estratto di malto o un beer enhancer ( che costano tra gli 8 e i 10 euro al kg), eventualmente anche miscelandoli tra loro per dare corpo alla birra personalizzandola.

    In pratica un litro di birra con malto in kit ci viene a costare tra i 70 centesimi (di un malto leggero che produce 23 litri, e usando il solo zucchero comune) e i 2.70 euro a litro (di un malto per uno stile molto alcolico che quindi rende poco e l’uso del solo estratto di malto al posto dello zucchero), con un costo medio di circa 1.50 a litro nei casi piu comuni: come detto costa poco di più rispetto alla birra da supermercato, ma la qualità è maggiore e la soddisfazione di aver creato qualcosa di personale è impagabile, specie quando la si regala agli amici!!

  • Acquistare un’auto a rate: fate bene i vostri conti

    L’acquisto di un auto è una spesa importante, che date le cifre in ballo spesso si effettua per mezzo di una finanziaria,cosa che rischia di far aumentare considerevolmente le spese a preventivo, per via del costo degli interessi.

    Infatti spesso anche le campagne di finanziamento a tasso zero, che magari ci hanno fatto scegliere una determinata auto anzichè la concorrente, nascondono gli interessi sotto mentite spoglie: tra spese di incasso, spese di apertura pratica, bolli, assicurazioni più o meno facoltative, servizi accessori come ad esempio la marchiatura dei vetri quello che era un finanziamento senza spese si trasforma in un finanziamento che ha comunque dei costi, spesso non trascurabili.

    C’è infatti da sapere che esistono due tassi di interesse distinti, il TAN, Tasso Annuo Nominale, che rappresenta il solo costo degli interessi finanziari (ed è quello sbandierato nelle pubblicità) e il TAEG, Tasso Annuale Effettivo Globale, che somma agli interessi finanziari anche le varie spese accessorie che si dicevano, quindi mettendo in luce il vero costo del finanziamento.

    A volte un finanziamento a tasso basso o addirittura a tasso zero, può costarci di più di un finanziamento piu onesto dove magari il TAN è più alto, ma non ci sono (o sono particolarmente limitate) le spese extra: per confrontare i tassi infatti va usato esclusivamente il TAEG e non farsi abbindolare dal solo TAN.

    Altra cosa da conoscere sono i tipi di finanziamento: se prima esisteva solo il finanziamento classico dove si pagava un anticipo in contanti (in alcuni casi azzerato in caso di auto non troppo costose) e il resto della macchina veniva spalmato in un certo numero di rate (generalmente con un impegno tra i 2 e i 6 anni), al termine delle quali si era proprietari della vettura, ora esistono formule ben più complicate.

    Infatti per incentivare l’acquisto di automobili sono nate formule fantasiose che un pò per venire incontro alle esigenze di certa clientela , e un pò per dare l’illusione di potersi permettere un’auto più costosa hanno rivoluzionato il concetto stesso di finanziamento.

    Queste formule (a cui ogni casa da un suo nome e una sua peculiarità per distinguersi dalla concorrenza) prevedono generalmente un’anticipo sostanzioso (a seconda delle case circa il 40-50% del valore dell’auto, pagabile anche con il versamento del proprio usato), una rata molto leggera per un periodo di 2 o 3 anni (che copre più che altro gli interessi del finanziamento) , al termine dei quali si può decidere se saldare il rimanente con una maxi rata finale sostanziosa, eventualmente rifinanziabile oppure restituire l’auto perdendo la cifra pagata e rimanendo senza auto (come se si fosse noleggiato la propria auto per quei 2/3 anni avendo speso circa la metà del costo di listino dell’auto), o ancora sostituire l’auto con una nuova della stessa casa con la stessa formula finanziaria.

    Il vantaggio può esserci per chi cambia spesso l’auto ( o che comunque ha intenzione di disfarsi dell’auto dopo i 2-3 anni), e che quindi avrebbe comunque subito la svalutazione dell’usato dopo tale periodo, ma non dovendosi preoccuparsi della rivendita dell’auto, sempre a patto che comunque si abbia un’usato da versare o si possa versare un’anticipo sostanzioso, e che non si superi un determinato chilometraggio annuo, oltre il quale non è possibile aderire a questo tipo di formule.

    Ovviamente anche se non sembra gli interessi ci sono (e a volte sono più esosi di un finanziamento standard, a meno di qualche offerta particolare di talune case automobilistiche, che magari vincola uno sconto importante a questa tipologia di finanziamento) , cosi come si paga per intero il costo della macchina: il meccanismo di tale finanziamento porta erroneamente a pensare di pagare la macchina la metà (quindi magari ci fa puntare ad un’auto più costosa di quella che ci potremmo permettere) data dalla somma di anticipo e minirate, ma in realtà la si paga per intero, sempre che non ce ne si voglia sbarazzare dopo i 2/3 anni.

    Inoltre se si pensa di tenere l’auto a lungo (più dei 2/3 anni del finanziamento base) probabilmente un finanziamento standard ha più senso: si evita la mazzata della maxirata finale , sopratutto se si aveva idea di rifinanziarla,  spesso a tassi non piu agevolati poichè non più legati all’acquisto dell’auto:  finanziandola invece per intero dall’inizio, eventualmente anche allungando la durata del finanziamento o pagando una rata mensile un po più alta si avrà probabilmente un tasso più favorevole, e un costo effettivo dell’auto più basso, e senza avere vincoli di chilometraggio.

    Alla fine la scelta dipende molto dalle esigenze di ognuno, in ogni caso è bene farsi i propri conti con attenzione, dalle scontistiche applicate in virtù dell’adesione a quel particolare finanziamento, ai costi extra relativi al finanziamento stesso e  le eventuali limitazioni, ricordandoci sempre di confrontare le offerte finanziarie con il TAEG e non con il solo TAN.

     

  • Scegliere il mutuo: quando un piccolo risparmio diventa una cifra importante

    Fare il grande passo dell’acquisto della casa è una delle spese più importanti che si fanno nel corso della vita, e il mutuo necessario rischia di incidere parecchio sulla qualità della vita stessa.

    Infatti scegliere il giusto mutuo ci farà risparmiare sia sulla spesa complessiva per l’acquisto della casa, sia sul tenore della nostra vita: una rata più alta significa più sacrifici da affrontare mese per mese.

    La rata più o meno alta infatti dipende da vari fattori: l’importo del mutuo , la durata , il tasso di interesse applicato dalla banca e le relative spese accessorie.

    L’importo del mutuo  dipende dal valore della casa che abbiamo scelto e dall’anticipo che abbiamo potuto versare fuori dal mutuo, ovviamente con un anticipo sostanzioso, anche l’importo del mutuo sarà più limitato, e questo si traduce in una durata più breve e/o una rata più leggera.

    Altro elemento che incide tantissimo è il tasso applicato, composta dal costo del denaro (determinato dagli indicatori Euribor o Eurirs, rispettivamente per i mutui a tasso variabile e fisso), dal guadagno della banca chiamato Spread e dai costi accessori (come ad esempio perizie, spese di istruttoria, eventuali assicurazioni, costi notarili, etc.), che vanno a formare il Taeg (Tasso Annuo Effettivo Globale), elemento importantissimo di confronto tra i vari mutui,  ancor più del Tan (Tasso Annuo Nominale). composto dalla sola somma del costo del denaro più lo spread, che quindi non considera le spese accessorie.

    Per alleggerire la rata quindi sara necessario scegliere un mutuo con il Taeg più basso possibile. Si cercherà quindi il mutuo con il tasso minore, e a parità di condizioni quello con le minori spese accessorie. Per fare questo è necessaria una ricerca oculata, tenendo presente ciò che fa aumentare lo spread, da cui dipende la maggior parte del tasso: durate lunghe, opzioni di mutuo moderno (come i mutui variabili con cap, che mantenendo i vantaggi di un tasso variabile,  impostano una soglia massima che protegge da aumenti di tasso o di rata  o i mutui a tasso misto ,che permettono di trasformare il mutuo da variabile a fisso a intervalli regolari, etc.) fanno aumentare i rischi per la banca, e di riflesso questo fa aumentare i tassi applicati.

    Anche la scelta del tasso fisso generalmente porta a spread più alti: il tasso variabile è meno pericoloso per la banca, quindi può permettersi di guadagnare meno, la scelta però è sempre rischiosa per entrambe le parti: se i tassi si mantengono bassi, come accade da diverso tempo a questa parte, il variabile permette risparmi interessanti, casomai salisse l’inflazione un tasso fisso ci permetterebbe di dormire sonni molto più tranquilli.

    Altra cosa da verificare sono le agevolazioni per il mutuo prima casa, e i contributi al mutuo concessi da alcune regioni, province o comuni, che permettono dei risparmi fiscali , sotto forma di detrazione IRPEF, pari al 19% degli interessi passivi fino a 4.000 euro annui in caso di prima casa e degli eventuali contributi per l’abbattimento del tasso dei mutui, qualora si disponga dei requisiti richiesti dai bandi.

    Altra cosa che potrebbe penalizzare (non facendoci concedere il mutuo presso la banca più conveniente, o applicando degli spread più alti) è la presenza di altri finanziamenti in corso: infatti se gli impegni finanziari superano il 30-35% del reddito dimostrabile del cliente, sarà difficile ottenere un mutuo, o comunque ottenerlo alle condizioni più favorevoli, cosi come se si è stati protestati o comunque a rischio solvibilità, se l’importo del mutuo è elevato in relazione al valore della casa o se l’età del mutuatario al termine del mutuo supera i 70 anni.

    Ad ogni modo conviene sempre informarsi molto bene su tutte le spese e gli obblighi previsti, eventualmente interpellando un consulente, anche online (Per esempio Facile , Mutuionline , Mutuisupermarket), oltre a valutare le offerte delle banche on-line, che come per il conto corrente o le assicurazioni, il fatto di non avere una rete commerciale sul territorio generalmente consente di avere dei tassi più bassi.

  • Auto a noleggio: con internet e un po di buon senso si risparmia tantissimo

    Auto a noleggio: con internet e un po di buon senso si risparmia tantissimo

    Noleggiare un’auto puo’ costare caro , ma organizzandosi per tempo e stando un po attenti si può risparmiare parecchio sul costo degli spostamenti.

    Se viaggiamo in aereo infatti, una delle cose da valutare sono i mezzi per raggiungere la nostra destinazione finale: se l’orario è comodo e ci permette di raggiungere la nostra meta, spostarsi coi mezzi pubblici probabilmente sarà la scelta più economica, poichè si risparmiano i costi di benzina, parcheggio ed eventuali congestion charge, dovute per l’ingresso al centro in automobile in alcune grosse città.

    Ma se gli orari o le nostre esigenze (perchè magari abbiamo necessita di spostarci in più punti, o perchè il trasporto pubblico non è sufficientemente comodo) ci costringono a noleggiare un’auto, muovendosi per tempo e con le giuste conoscenze, si potrà risparmiare parecchio rispetto a un noleggio all’ultimo secondo al primo banco disponibile in aeroporto.

    Prenotando anticipatamente infatti, si riescono a spuntare le tariffe migliori, oltre a garantirsi la disponibilità dell’auto, che sopratutto in certi periodi e in certe zone, può essere difficoltosa da reperire.

    Inoltre facendo la prenotazione su internet il risparmio è ancora maggiore,  spesso utilizzando l’autonoleggio convenzionato con la compagnia aerea con la quale viaggiamo, è possibile accedere a tariffe particolarmente convenienti, ancor di più se il noleggio viene prenotato contestualmente all’emissione del biglietto aereo.

    Non è comunque detto, che sia la scelta migliore: conviene quindi fare più preventivi, sia sui siti delle compagnie di autonoleggio (specie se abbiamo un codice convenzione , spesso rilasciato con le tessere di associazioni delle quale possiamo far parte o come dipendenti di aziende convenzionate), che come succede per voli e hotel, tramite broker (es. rentalcars.comAmigoautos , Autoeurope Bookingcar , Autonoleggio-online , Ebookers , Atlaschoice , HolidayAutos , Autoescape Cardelmar , Argus , Veichle RentRent.it, etc. ) o comparatori di prezzo  (Kayak , Jetcost Europe Lowcost , Easyviaggio )

    Il funzionamento è simile a ciò che succede con gli alberghi: i broker hanno delle convenzioni con i maggiori autonoleggio, riuscendo a spuntare tariffe ridotte, grazie al pagamento anticipato dei noleggi , spesso vendendo le proprie garanzie aggiuntive (esempio la copertura assicurativa per furti, danneggiamenti o incidenti) a prezzi più convenienti delle estensioni di garanzia degli autonoleggi. I comparatori di prezzo, invece mettono a confronto compagnie di autonoleggio e brokers, ma rimandando l’utente nel sito interessato per la prenotazione e il pagamento.

    Ad ogni modo, sia che prenotiamo l’auto tramite broker, sito della compagnia di autonoleggio o direttamente al banco è bene prestare molta attenzione a cosa comprende il noleggio , ai servizi inclusi, agli accessori forniti (es. seggiolini, catene da neve, portasci, navigatori satellitari), alle limitazioni (esempio sulle carte di credito accettate, sull’età del guidatore e la eventuale seconda guida) e alle franchigie per eventuali incidenti o furti (che potremmo ridurre o eliminare sottoscrivendo una garanzia aggiuntiva).

    Infatti non è detto che il chilometraggio sia illimitato, pertanto se non è espressamente indicato, si pagherà oltre al costo del noleggio un certo tot a chilometro percorso.

    Attenzione allo stato dell’auto alla consegna e alla riconsegna: eventuali danni, anche banali rischiano di costarci molto cari, se non abbiamo stipulato un’assicurazione aggiuntiva, cosi come può costarci caro riconsegnare l’auto con meno carburante di quando ci è stata consegnata (oltre al costo del carburante mancante, solitamente gravato di una maggiorazione, si pagherà un’extra per l’operazione di rifornimento)

    Altri extra poco simpatici sono la consegna o la riconsegna fuori dall’agenzia con la quale stipuliamo il contratto: farci consegnare l’auto da un’addetto al nostro hotel, o riconsegnarla in una stazione di noleggio differente da dove l’abbiamo presa può costarci degli extra salati, che nel caso ci fossero indispensabili è bene concordare in anticipo.

    Anche la riconsegna fuori dall’orario di apertura della filiale può essere un’incognita: sebbene sia possibile riconsegnare le chiavi in un’apposita cassetta, dovremmo fidarci dell’operatore per la constatazione di eventuali danni o livello di carburante alla riconsegna, non essendo presenti non potremmo contestare in caso di situazioni dubbie.

    Ad ogni modo, tenendo gli occhi bene aperti e muovendoci per tempo su internet, si riesce a noleggiare un’auto veramente con pochi soldi (anche meno di 20 euro al giorno per un’utilitaria a chilometraggio illimitato), e questo può fare la differenza nel costo totale del nostro viaggio.