Tag: cina

  • Arrivano nuove tasse sui prodotti cinesi

    Arrivano nuove tasse sui prodotti cinesi

    Un nuovo balzello é in arrivo per i consumatori europei che acquistano prodotti cinesi, infatti é allo studio l’anticipo al 2026 dell’eliminazione del de minimis sui dazi per pacchi in arrivo da fuori l’unione europea, questo significa dover pagare oltre all’iva che giá si paga, anche un dazio aggiuntivo, che attualmente non é previsto per le spedizioni di basso valore, sotto i 150 euro.

    Questo vuol dire che ci sará una tassa aggiuntiva, che nella migliore delle ipotesi allo studio potrebbe essere forfettaria di 2 euro a pacco, ma che comunque bloccherá i pacchi alla dogana, rallentando i tempi di consegna, con lo scopo di disincentivare gli acquisti low cost dall’oriente nella speranza di frenare il fast fashion e gli acquisti di cianfrusaglia, elettronica e non di bassa qualitá reperibili online a prezzi molto convenienti.

    person using black and white smartphone and holding blue card

    Il problema é che così facendo si va soltanto a creare problemi all’acquirente che comunque difficilmente rinuncerá a risparmiare per acquistare prodotti molto simili, e comunque di provenienza orientale, nei negozi fisici.

    Così come difficilmente abbandonerá il fast fashion per acquistare un prodotto sartoriale di alta gamma, al massimo acquisterá qualcosa di analogo in un negozio fisico o in una catena specializzata, che si rifornisce presso le stesse fabbriche orientali, a un prezzo maggiorato o si rassegnerá a ricevere il pacco in tempi piú lunghi, magari con la scomoditá di dover pagare una tassa al postino.

    man carrying boxes beside a van

    Infatti la seccatura non é tanto dover pagare una piccola tassa aggiuntiva, che pagata in proporzione, su importi di scarso valore non sará particolarmente esosa, ma la burocrazia legata alla riscossione di questa tassa, visto che lo spedizioniere potrebbe richiedere dei costi per la gestione della pratica di sdoganamento che possono superare non solo il costo della tassa ma anche il valore stesso della merce, ma soprattutto si ha la scomoditá di dover attendere i tempi di sdoganamento, dato che dovendo fermare tutti i pacchi alla dogana, si allungheranno a dismisura bloccando magari per settimane i pacchi prima della consegna. Inoltre si aggiunge il rischio di dover pagare la tassa in contrassegno al postino, cosa che complica la ricezione dei pacchi se non siamo presenti a casa, non consentendo ad esempio di poter lasciare il pacco nella cassetta delle lettere o ad un vicino, costringendoci ad attendere un nuovo tentativo di consegna o a recuperare il pacco presso la sede dello spedizioniere.

    Al momento non c’è ancora una decisione definitiva, anche perché la data originaria del 2028 nasceva dalla necessitá che prima entri in vigore un nuovo sistema doganale europeo ancora in fase di sviluppo, altrimenti lo sdoganamento potrebbe avvenire in un paese europeo non ancora pronto alla riscossione, permettendo l’elusione della tassa. 

    couple people woman hand

    E’ stato comunque proposto in sede europea un contributo forfettario per i prodotti sotto i 150 euro di valore che dovrebbe entrare in vigore dal 2028, ma i singoli stati, tra cui l’Italia, si stanno muovendo anche in autonomia per anticipare i tempi, e non potendo decidere sui dazi hanno allo studio ulteriori tassazioni che si sommerebbero al dazio, come ad esempio una tassa ambientale di 2 euro per i pacchi fino ai 2kg di peso da applicare giá dal 2026.

    Come detto il problema non è tanto una tassa aggiuntiva, che comunque non scoraggerá gli acquirenti, ma la burocrazia necessaria e i costi che questa burocrazia si porterá dietro pagati dal consumatore, ma probabilmente anche dai singoli stati se saranno obbligati ad assumere maggiore personale doganale.

    scrabble tiles spelling temu shein on wooden table

    Ma il vero discorso è che questa decisione non serve per l’ambiente o per la tutela dei commercianti come la politica vorrebbe far credere, ma è una mossa geopolitica nei confronti della Cina, da cui arrivano la maggior parte di quel genere di pacchi, che alla fine finiranno per pagare i consumatori.

    Voi eravate a conoscenza di questa nuova tassa? Acquistate spesso online dalla Cina?

  • Arriva Haul, l’Amazon made in China

    Arriva Haul, l’Amazon made in China

    Nonostante Amazon sia il più importante e-commerce del mondo, deve affrontare la concorrenza di siti che possono rivelarsi più competitivi, specie in particolari nicchie o segmenti di mercato.

    Infatti per alcune categorie di acquisti, fuori da Amazon si può trovare migliore consulenza all’ acquisto, prezzi più competitivi o una maggiore varietà di prodotti specializzati.

    Dalla sua però Amazon mette sempre il servizio clienti, la possibilità di reso semplice e gratuita e la logistica che è sempre al top, consentendo dei tempi di consegna veramente rapidi, e una soddisfazione garantita.

    Ma come detto, in alcuni casi può essere conveniente rinunciare ai vantaggi di Amazon, magari perchè si riesce a trovare gli stessi prodotti a prezzi più vantaggiosi.

    E uno di questi casi è l’acquisto dei prodotti low cost di origine cinese, che dovendo essere importati , sdoganati e immagazzinati in Europa vedono i loro prezzi lievitare in quanto i costi di gestione si spalmano eccessivamente sui prezzi quando il valore del bene è molto basso.

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    Infatti per questo genere di acquisti i siti cinesi come Aliexpress, Temu o Shein si rivelano più competitivi, gestendo il processo di vendita direttamente dalla Cina, e mantenendosi competitivi anche quando fanno uso di depositi in Europa per accorciare i tempi di spedizione.

    Infatti questi siti di origine cinese, riescono una volta raggiunto un certo minimo d’ordine ad avere la convenienza ad appoggiarsi ad un magazzino locale, consentendo consegne in tempi ragionevoli, circa una settimana – dieci giorni , contro almeno un mese necessario da una spedizione diretta dalla cina.

    E lo fanno senza addebitare degli extra per il trasporto se si raggiunge come detto un certo minimo d’ordine sotto il quale a seconda dei casi si ha la spedizione lenta o la possibilità di avere quella più veloce pagando un costo di consegna, in luogo della spedizione gratuita.

    E questo procedimento logistico , unito ai prezzi cinesi alla fine rende questi siti competitivi per quel genere di acquisti, tanto da indurre Amazon a correre ai ripari e lanciare un servizio simile, chiamato Haul che è approdato da poco anche nel nostro paese, dopo essere già stato lanciato in altre nazioni.

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    E anche questo Haul,  come i vari siti cinesi, si occupa di reperire prodotti a basso prezzo direttamente in Cina, e farli arrivare direttamente dalla Cina utilizzando le piattaforme logistiche di Amazon.

    E allo stesso modo da tempi di ricezione più lunghi di un normale acquisto Amazon, circa 1-2 settimane, e un costo di spedizione di 3.50 euro se non si raggiunge un carrello di almeno 15 euro, mentre superata questa soglia la spedizione sarà gratuita, oltre ad avere degli sconti extra in base al numero o al valore degli articoli ordinati, che variano a seconda delle offerte del periodo.

    In pratica è qualcosa di molto simile a Temu o alla sezione Choice di Aliexpress, con magari all’inizio un po meno varietà, in quanto nella prima fase ancora in beta gli articoli a disposizione non sono tantissimi.

    Ad ogni modo i prezzi sono più bassi , soprattutto rispetto ad acquistare gli stessi prodotti sull’Amazon tradizionale, ovviamente al costo di una spedizione meno rapida.

    warehouse with stock on metal shelves

    Haul si può trovare, come una sezione speciale del sito, linkato su Amazon o cercandolo nella barra di ricerca: se invece cerchiamo direttamente un prodotto troveremo quelli venduto dall’Amazon tradizionale, quindi non c’è il rischio di confondersi: per poter accedere al catalogo Haul bisogna andarci di proposito.

    Si tratta ovviamente di un’alternativa ai soliti siti cinesi, e considerando che spesso Amazon tende a fare offerte potrebbe rivelarsi una scelta interessante per i nostri acquisti low cost.

    Voi lo conoscevate? Lo avete già provato?

  • E’ la fine per gli store cinesi?

    E’ la fine per gli store cinesi?

    Quando abbiamo necessità di qualche prodotto a basso costo che non ci deve necessariamente durare per tanto tempo ma che deve costare il meno possibile il primo posto a cui pensiamo sono i megastore gestiti da cinesi generalmente situati nelle periferie delle città, anche quelle di piccole dimensioni.

    E si può trovare di tutto, dall’ abbigliamento ai casalinghi, dagli articoli per il bricolage alla cartoleria, dai detersivi al materiale elettrico, dai prodotti per l’automobile all’elettronica, dai prodotti per gli animali all’attrezzatura sportiva.

    E col tempo questi maxi centri si sono ingranditi o specializzati in determinate categorie di prodotti, rilevando anche storiche strutture esistenti e assumendo personale locale.

    Ma per tante ragioni, sia politiche che economiche queste attività da qualche tempo sono più soggette a controlli , sia sulla qualità dei prodotti che sull’evasione fiscale che erodono i guadagni e non consentono di tenere i prezzi super competitivi a cui ci siamo abituati nel tempo.

    Infatti spesso i prezzi erano bassi non solo per la qualità molto bassa e spesso non perfettamente in regola con le nostre normative, ma anche per la possibilità, con sistemi più o meno leciti, di eludere le tasse nell’importazione dei prodotti, cosa che forniva loro un vantaggio rispetto alla concorrenza, consentendo di applicare prezzi particolarmente bassi.

    Inoltre gli affitti di strutture enormi e gli investimenti per acquistare le merci e pagare il personale si ripagano solo quando il giro d’affari è importante, e se diventano meno competitivi i prezzi anche i fatturati calano non permettendo di tenere aperte tutte queste strutture.

    E infatti si iniziano a vedere, dopo anni di nuove aperture con megastore immensi e assortimenti da fare invidia ai migliori grossisti, le prime chiusure, con trasferimenti in locali più ristretti, cambi di insegna o vendite di liquidazione per cessata attività.

    E queste chiusure possono anche essere un vantaggio per portarsi a casa dei prodotti a prezzo di saldo, ma probabilmente si perde un centro di riferimento per gli acquisti a basso costo.

    Ma in realtà, avendo perso il vantaggio di prezzi ultra bassi e disponibilità immediata dalla peggiore cianfrusaglia al prodotto dignitoso a prezzi decenti, si trovano alternative nella concorrenza che può sostituire il megastore in periferia con prodotti e prezzi similari.

    E la concorrenza viene soprattutto dagli e-commerce cinesi come Aliexpress, Temu o Shein che permettono di trovare quegli stessi prodotti a prezzi più bassi e con dei tempi di spedizione che nel tempo, grazie a soluzioni logistiche aggiornate e magazzini in territorio europeo consentono di ricevere la merce, senza sorprese, in pochi giorni a differenza delle spedizioni classiche dalla Cina che potevano richiedere anche mesi tra tempi di consegna e di sdoganamento, almeno fino a quando dazi e normative doganali minacciati dalla politica europea non affosseranno questi siti.

    Ma anche altri negozi offrono prodotti analoghi senza dover attendere una spedizione: infatti stanno nascendo delle catene europee di articoli non alimentari a basso prezzo, come Action, Tedi, Kik, NKD  e simili che propongono a rotazione prodotti low cost a prezzi molto allettanti.

    Ma anche le corsie no food dei discount alimentari spesso hanno di questi prodotti a prezzi che non fanno rimpiangere i megastore cinesi e che possiamo trovare senza perdere tempo durante la nostra spesa alimentare.

    Alla fine questi megastore probabilmente diminuiranno o cambieranno forma e per qualcuno diventerà meno comodo frequentarli, ma ad ogni modo fin quando ci sarà la concorrenza a fornire prodotti simili non mancherà la possibilità di acquistare dei prodotti non alimentari a prezzi bassi. 

    Voi acquistate nei megastore cinesi o preferite altre tipologie di negozi o di prodotti?

  • Arrivano le kei car europee

    Arrivano le kei car europee

    Il mercato automobilistico europeo è da tempo in crisi tra normative ecologiche pazze, prezzi alle stelle, stipendi che non crescono e qualità discutibile dei prodotti con il risultato che si vendono sempre meno auto e chi vorrebbe cambiare auto spesso desiste tenendo in circolazione vecchi catorci.

    Inoltre l’imposizione dell’auto elettrica , con lo spauracchio dell’abbandono dei motori termici a partire dal 2035, non ha fatto altro che peggiorare le cose obbligando le case a grossi investimenti che si sono riverberati nei prezzi di listino, che a parità di vettura sono praticamente raddoppiati nel giro di pochi anni.

    Ma il consumatore europeo tendenzialmente non vuole le auto a pile perchè allo stato attuale sono meno pratiche e più costose rispetto ad una macchina termica.

    electric cars charging on stations

    Infatti autonomia limitata, tempi di ricarica lunghi, costi di ricarica poco competitivi, specie alle colonnine, che comunque sono poco disponibili lungo le nostre strade, oltre alla necessità di programmare gli spostamenti in funzione della carica dell’auto, specie nei viaggi lunghi, porta a vivere la macchina con meno libertà.

    E se poi con tutte queste limitazioni la macchina elettrica costa pure di più ovviamente chi può la evita, nonostante si siano nel tempo aumentati i listini delle auto termiche anche per nascondere la differenza di prezzo con l’equivalente a pile o gli incentivi all’acquisto vincolati alla rottamazione di auto termiche.

    E se poi l’elettrica diventa l’unico modo per accedere nei centri cittadini e nelle ZTL senza dover pagare ulteriori ticket di ingresso, quindi si è costretti obtorto collo a doverne comprare una per poter andare a lavoro si prende la meno cara, spianando la strada alle auto cinesi.

    E sfortunatamente per l’industria europea su questa tipologia di auto i cinesi sono molto più avanti tecnologicamente, soprattutto sulle batterie per le quali dispongono non solo i più avanzati brevetti, ma anche la disponibilità quasi esclusiva dei materiali per la loro costruzione, oltre ad aver affinato la produzione giocando sulla tecnologia mutuata dai prodotti informatici per i quali sono leader mondiali, oltre a poter produrre a prezzi bassissimi.

    white car charging

    Diventa quindi importante difendere il mercato europeo dall’ assalto dei prodotti elettrici cinesi a basso costo, e le soluzioni possibili sono tante.

    E la più semplice potrebbe essere abbandonare l’imposizione dall’alto delle auto elettriche, lasciando tempo al mercato e alle tecnologie di affinarsi in modo che col tempo le elettriche si rendano competitive naturalmente senza forzare la mano e nel contempo continuare a produrre in Europa quello che i nostri costruttori di auto sanno fare meglio: le auto termiche.

    Altra soluzione è spingere all’utilizzo dell’auto elettrica solo dove può essere competitiva con l’auto termica, in città e nelle brevi distanze, lasciando spazio alle termiche per chi ha esigenze di autonomia, prestazioni, emergenze, lunghe percorrenze.

    Infatti , usata in città, una macchina elettrica piccola, quindi con un pacco batterie limitato che si traduce in costi più bassi, ricaricata preferibilmente in garage può essere sostenibile, mentre una grande berlina che ha bisogno di batterie capienti che fanno costare la macchina tanto e che costringono a fermarsi delle ore durante il percorso per la ricarica, e/o a spendere cifre folli per la ricarica nelle colonnine ultra veloci ha sicuramente meno senso.

    Senza pensare al fatto che se tutte le auto andassero a batteria, l’infrastruttura energetica del paese, che già soffre durante l’estate per i condizionatori, andrebbe adeguata pesantemente, oltre a richiedere l’installazione di migliaia di colonnine, e la cosa comporta non solo imponenti investimenti ma di anche tempo e di reperire competenze necessarie.

    Ma l’idea di ripensare la mobilità elettrica in chiave cittadina, inizia ad essere recepita in europa, con la proposta di creare un nuovo tipo di piccole automobili elettriche pensate per la città ai quali applicare delle agevolazioni rispetto a quelle standard, sulla falsariga delle kei car giapponesi.

    Infatti in giappone esiste una categoria di auto, limitate nella cilindrata, nella potenza e nelle dimensioni che ha numerose agevolazioni per le tasse e per il possesso rispetto alle macchine più grandi, e si sta pensando di replicare la cosa anche in Europa, per una nuova categoria di minicar elettriche.

    La cosa potrebbe avere senso, ovviamente se le agevolazioni le rendono davvero competitive rispetto alle termiche e se ovviamente si lascia la possibilità a chi vive fuori dai centri cittadini di poter scegliere il mezzo più adatto alle proprie esigenze non andando a penalizzare ulteriormente le termiche.

    Voi cosa ne pensate? Le minicar elettriche possono essere la soluzione di compromesso oppure meglio puntare sulle auto tradizionali?

  • Arriva una nuova tassa sugli acquisti dalla Cina

    Arriva una nuova tassa sugli acquisti dalla Cina

    Una brutta notizia per chi acquista spesso nelle piattaforme online a basso costo come Shein, Temu o Aliexpress, dato che sono allo studio da parte del commissario europeo al commercio delle nuove regole per affossare queste piattaforme, in modo da favorire in maniera sleale quelle europee.

    Infatti nonostante queste piattaforme siano giá state colpite recentemente dall’obbligo di riscossione dell’IVA alla fonte per gli acquisti inferiori ai 150 euro, con i costi delle operazioni doganali a carico della nazione mittente e degli introiti sicuri per le casse europee dato che l’IVA non puó piú essere elusa come in passato, la cosa non basta all’Europa.

    Infatti é stata proposta una tassa ulteriore di 2 euro per ogni pacchetto di valore inferiore ai 150 euro destinato all’utente finale e di 0.50 euro se spedito dal paese extra UE a un magazzino europeo, rendendo poco competitivi gli acquisti low cost fatti da questo genere di piattaforme, visto che i prezzi al consumatore possono anche raddoppiare, nella speranza che vengano comprati da siti europei.

    seaport during golden hour

    E le giustificazioni sono le piú false: dalla concorrenza sleale degli store cinesi, che si vuole combattere facendo a loro volta concorrenza sleale, o per rispondere ai dazi americani che sono stati comminati proprio per queste norme che subdolamente limitano i prodotti e i servizi extra UE, o alle maggiori spese doganali che in realtá non esistono perché lo sdoganamento viene effettuato nel paese del mittente.

    In pratica è un modo per favorire le meno efficienti imprese europee a scapito non solo di quelle cinesi ma del consumatore che si troverá a pagare di piú gli stessi prodotti, che venduti da uno store europeo o cinese , magari con un marchio differente, sono sempre prodotti in Cina, quindi al limite la cosa va a vantaggio solo degli importatori.

    person holding debit card

    E in secondo luogo è una nuova tassa che potrà essere utile a comprare nuove armi per il piano di riarmo europeo, per difendersi da delle guerre che nascono proprio con queste mosse commerciali che alla lunga creano dei nemici sul campo.

    E che non si dica che serve per evitare l’acquisto di prodotti spazzatura, salvare l’ambiente o evitare la contraffazione, dato che gli stessi prodotti , anche se venduti da uno shop o con un nome differente o  a un prezzo piú alto continueranno a circolare, intaccando il potere d’acquisto dei cittadini europei che giá soffre molte scelte scellerate europee specie in tema energetico o ambientale.

    working macbook computer keyboard

    Voi cosa ne pensate? Acquistate spesso in queste piattaforme low cost? Smetterete di farlo in caso passasse questa nuova legge?

  • La fregatura dei dazi USA

    La fregatura dei dazi USA

    Purtroppo la guerra commerciale decisa dagli Stati Uniti prevede l’utilizzo di dazi commerciali importanti per ristabilire la bilancia commerciale americana fortemente sbilanciata sulle importazioni.

    E per farlo il presidente Trump ha pensato di utilizzare massivamente l’uso dei dazi, in parte come strumento negoziale per ottenere benefici commerciali e in parte per limitare l’importazione di prodotti a basso costo da determinati paesi, come la Cina, rivali commerciali.

    E a pagare il conto saranno i consumatori, visto che il dazio null’altro è che una tassa aggiuntiva sulle importazioni  di determinati beni da determinati paesi per rendere meno appetibile il prodotto estero visto che viene gravato da una tassa , nei confronti del prodotto autoctono.

    photo of an industrial factory emitting smoke

    Il problema peró é che in un mondo ormai globalizzato non é detto che l’America riesca a produrre in casa tutto ciò che ha bisogno, e anche se ci riuscisse probabilmente lo farebbe con materiali o semilavorati provenienti dall’estero sui quali pagherebbe comunque dazio.

    E in piú i paesi colpiti dai dazi generalmente applicano dei contro dazi come ritorsione, facendo aumentare i prezzi dei prodotti americani fuori dall’America, cosa che finirà per colpire anche le nostre tasche.

    E se con un gioco di rinvii e di minacce sono stati messi parzialmente in stand-by, specie per determinati prodotti e paesi, sicuramente fa paura l’atteggiamento verso la Cina, anche qualora l’Europa finisse per trovare un accordo con gli Stati Uniti. 
    Infatti le tariffe previste sui prodotti cinesi impattano anche 3 volte il valore del bene rendendolo fuori mercato, anche in virtù della risposta a muso duro della Cina, forte della sua posizione dominante nella manifattura e nella fornitura di materie prime, di cui l’America é dipendente.

    stock exchange board

    E gli States vogliono usare i dazi alla Cina come merce di scambio con i paesi che vogliono essere esentati da quelli statunitensi: in pratica se vuoi vendere i tuoi prodotti in America non puoi fare affari con la Cina.

    Ma fare affari con la Cina, per molti stati potrebbe essere comunque piú conveniente che farli con gli Stati Uniti se si è costretti a scegliere una delle due fazioni e soprattutto potrebbe non essere una scelta saggia avere la Cina come nemico perché potrebbe comunque inondare il mercato di prodotti a basso costo nonostante i dazi, rendendo comunque poco competitive le produzioni locali.

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    Alla fine il voler rompere l’equilibrio della globalizzazione potrebbe portare grossi problemi commerciali, e si sa che i problemi commerciali sono le vere cause delle guerre, specie con una situazione giá fumantina tra Ucraina, Medio Oriente e Taiwan.

    Il rischio è che la guerra commerciale si trasformi in fisica con la discesa diretta dei soldati americani, cosa che potrebbe facilmente sfociare nella terza guerra mondiale.

    Il problema è che la forza militare americana non é piú quella macchina da guerra presente negli immaginari collettivi, visto che la tecnologia militare russa unita alla forza produttiva e alle materie prime cinesi è in grado di mettere in campo un quantitativo di armi superiore ad una frazione del prezzo, e che soprattutto l’America è ormai costretta ad utilizzare semilavorati e materie prime di origine cinese nelle sue armi, che in caso di disaccordi smetterebbero di essere fornite.

    soldier holding rifle

    Il rischio quindi per l’America é di fare la mossa sbagliata e di perdere non solo la faccia, ma anche la guerra e quindi il ruolo di prima potenza mondiale che gli ha consentito di usare il dollaro come moneta di scambio globale capace di influenzare l’economia mondiale e di ottenere finanziamenti a basso prezzo. 

    Sicuramente Trump è un buon giocatore di poker ed è probabile che dietro tutte queste mosse ci possa essere un bluff, ma il rischio che le cose possano andare storte, specialmente mettendosi contro un avversario che ragiona in maniera differente dal tuo modo di pensare, potrebbe essere parecchio pericoloso.

    closeup photo of brown and black wooden houses digital wallpaper

    Ed è ancora piú pericoloso per quei paesi , come quelli europei, che dipendono da entrambe le parti in causa, visto che qualunque sia l’esito di una possibile guerra avrebbero comunque da perderci.

    Voi cosa ne pensate? Trump tornerá sui suoi passi o si rischia di tornare alla guerra fredda?

  • Temu, Shein e Aliexpress fanno paura ad Amazon

    Temu, Shein e Aliexpress fanno paura ad Amazon

    Le piattaforme di ecommerce low cost come Temu, Shein o Aliexpress sono sempre piú popolari per l’acquisto di oggettistica e abbigliamento a basso costo di provenienza orientale. 

    Infatti i grandi store cinesi alle periferie delle città, a causa della scomparsa di alcune agevolazioni e di maggiori controlli e oneri fiscali hanno alzato i prezzi rendendo meno conveniente l’acquisto a meno che non si voglia controllare con mano la qualitá o si voglia l’articolo sul momento, tanto che spesso si trovano ad essere meno convenienti rispetto a catene occidentali (ad esempio Tedi, Action, Kik, Pepco e simili) che spesso vendono prodotti simili a prezzi migliori giocando sulla quantitá.

    Quindi un’alternativa comoda per comprare la nostra paccottiglia a poco prezzo é acquistare online, anche perché le varie piattaforme, un pó per sottostare alle recenti  formalitá doganali che prevedono il pagamento anticipato dell’IVA e un pó per ridurre tempi e costi di spedizione danno la possibitá di ricevere in tempi relativamente veloci di 1-2 settimane raggruppando gli acquisti in un unica spedizione al raggiungimento di una certa soglia di spesa (circa 10 euro a seconda della piattaforma), mantenendo la spedizione lenta per gli acquisti al di sotto della soglia di spesa o spediti da venditori che non usano la piattaforma logistica del sito.

    Considerato che un po’ per cercare di raggiungere la soglia per la spedizione gratuita rapida, un pó per i prezzi bassi e un pó per le operazioni di marketing audaci che tra gamification e offerte super scontate fanno sì che i carrelli si riempano velocemente.

    E considerato che offrire  prezzi bassi e tempi di consegna umano significa far preferire queste piattaforme di origine cinese a quelle occidentali dove si trovano gli stessi prodotti, magari rivenduti o rimarchiati da un distributore locale a prezzo piú elevato che se un tempo erano giustificati da un tempo di consegna piú celere, ora quelle occidentali perdono di attrattiva.

    working macbook computer keyboard

    Infatti da una parte la comunitá europea per tutelare i propri venditori con la scusa della sicurezza pensa di introdurre una tassa amministrativa sulle spedizioni e di rimuovere l’esenzione dai dazi per le spedizioni sotto i 150 euro, dopo aver giá eliminato l’esenzione della riscossione dell’IVA di modo da ingolfare i controlli alle dogane e rendere difficoltoso e costoso il ricevere prodotti economici dalla Cina.

    Dall’altra parte le piattaforme occidentali iniziano a copiare quelle cinesi offrendo servizi simili, come Haul una sorta di clone di Temu lanciato per ora negli Stati Uniti da Amazon e che probabilmente verrà esteso a breve anche in Europa.

    package from amazon prime carried by the delivery man

    Si tratta di una sezione della App o del sito mobile di Amazon.com dove è possibile acquistare prodotti di costo inferiore ai 20 dollari spediti direttamente dalla Cina in 15 giorni e che beneficiano della garanzia A-Z di Amazon.

    La spedizione é gratuita al raggiungimento di 25 dollari di spesa e prevede degli sconti del 5 o del 10% se si raggiungono rispettivamente i 50 o i 75 dollari di spesa in un singolo ordine.

    Inoltre è previsto il reso gratuito, nei soliti modi previsti da Amazon come i locker, i punti di raccolta e gli uffici postali per tutti i beni che hanno un costo superiore ai 3 dollari.

    crop man taping carrying box with scotch

    In pratica si hanno a disposizione gli stessi prodotti cinesi, con un servizio e prezzi simili a quello di Temu o Aliexpress ma con in piú la garanzia di Amazon.

    Sicuramente buono per l’utente se stimola la concorrenza, un pó meno quando la concorrenza viene ostacolata dalla burocrazia come ha in mente di fare l’unione europea visto che i costi burocratici finiranno per ricadere sui consumatori.

  • E’ il momento di investire in beni rifugio?

    E’ il momento di investire in beni rifugio?

    La situazione geopolitica in corso con guerre quasi alle porte di casa e rischi di escalation che potrebbero portare facilmente i paesi occidentali in guerra ci portano a ripensare i nostri investimenti.

    Infatti ci si sta preparando al ritorno di una sorta di guerra fredda con due blocchi ben distinti: uno che ruota intorno agli Stati Uniti e un’altro intorno alla Cina, e con la vittoria di Trump alle elezioni americane, è probabile che questi due blocchi si allontaneranno ulteriormente, con l’introduzione di dazi e una separazione tra quella che era la fabbrica del mondo , la Cina, con quella che era la fabbrica dell’economia , gli Stati Uniti.

    Il problema é che la maggior parte delle produzioni, anche quelle piú banali, dipendono dagli stabilimenti e dalle materie prime cinesi, e che il know how della produzione dopo decenni di delocalizzazioni non é piú in mano agli occidentali.

    man wearing orange hard hat

    Se poi aggiungiamo che la guerra in Ucraina ha privato l’Europa dell’accesso all’energia a basso costo, rendendo poco competitive le proprie fabbriche e creando danni importanti alla propria economia, con chiusura o vendita di fabbriche e perdite di posti di lavoro, questo cambia gli scenari anche di casa nostra.

    In pratica l’America rischia di ridimensionarsi, la Cina potrebbe perdere una parte importante della propria clientela, mentre l’Europa rischia di collassare: questo significa che investire in azioni potrebbe diventare piú rischioso, specie per alcune categorie, ma anche i titoli di stato, specie quelli europei, potrebbero cambiare pelle diventando forse piú redditizi ma sicuramente piú rischiosi.

    Quindi potrebbe essere il caso di iniziare a diversificare maggiormente gli investimenti per tutelarsi da possibili default e di rivolgersi a beni rifugio, che possono essere l’ancora di salvezza nei periodi dove soffiano venti di guerra.

    gold bar lot

    E il bene rifugio per eccellenza è l’oro che storicamente, grazie alla sua scarsità, permette una tutela dei propri soldi, specie in caso di svalutazione e inflazione.

    Ma anche il bitcoin, spinto dall’amministrazione Trump, potrebbe essere una sorta di bene rifugio, e l’aumento del suo valore a quasi 100.000 dollari ne è una prova, nonostante si tratti di un prodotto piú rischioso, instabile e speculativo.

    Altra idea potrebbe essere investire in azioni o strumenti finanziari legati a settori imprescindibili per la nostra vita, come utilities che trattano beni di prima necessitá o servizi essenziali, senza trascurare quelle aziende che dalle guerre ottengono vantaggi e commesse, cosi come investire in materie prime che possono beneficiare di maggiore domanda in periodo di guerra .

    stock exchange board

    Anche investire in valute forti o in titoli di stato di paesi sicuri dovrebbe garantire sicurezza, ma un ingresso dell’occidente in guerra potrebbe sparigliare le carte e rendere pericoloso un paese ritenuto storicamente sicuro: giá adesso l’economia tedesca, traino dell’Europa é in affanno, un’entrata in guerra in un ipotetica, ma non certo impossibile, guerra mondiale potrebbe cambiare pesantemente gli equilibri e i rapporti di forza.

    Ad ogni modo la chiave è diversificare ancora di piú gli investimenti, in modo che se qualcosa dovesse andare storto da una parte, si possa recuperare da un’altra o quanto meno evitare di perdere completamente il valore dei nostri asset.

    E se magari si riesce a vedere lungo e ad investire su qualcosa che magari adesso non sembra particolarmente interessante, ma che potrebbe acquisire valore quando le acque si saranno calmate potrebbe essere la soluzione per sfruttare i venti di guerra a proprio vantaggio.

    bitcoins and u s dollar bills

    Voi cosa ne pensate? Avete altre idee o consigli per investire in periodi particolari come questi?

  • E’ la fine delle auto in Europa

    E’ la fine delle auto in Europa

    Come avrete sentito dai giornali i tempi sono grami per i produttori automobilistici europei con Volkswagen che valuta la chiusura di 3 stabilimenti in Germania, la riduzione di stipendi e forza lavoro.

    Ma anche le altre case automobilistiche non se la passano meglio, con cali di produzione e tagli del personale previsto per molti e voci di fusioni tra marchi per cercare di ridurre le spese.

    Il motivo del problema è il combinato disposto dei turbamenti geopolitici in atto e delle politiche green particolarmente stringenti mosse piú per ideologia che non reale necessitá e che stanno producendo danni irreversibili a tutto il comparto automobilistico.

    Infatti il voler tagliare i ponti con la Russia, fornitore principale di energia a basso costo della Germania, ma anche di molti paesi europei unito alla scellerata idea di mettere fuori servizio le centrali nucleari tedesche ha reso il paese teutonico particolarmente fuori mercato nei settori manifatturieri esosi di energia come l’auto, ed essendo la Germania il traino dell’economia europea i suoi problemi contagiano le economie di tutti gli altri paesi della comunitá.

    A questo si aggiunge il diktat europeo che vuole bandire le auto a combustione, di cui l’europa era leader di mercato, impedendo l’immatricolazione dopo il 2035 per sostituirle con quelle elettriche , principalmente prodotte o fortemente dipendenti dalla componentistica cinese, regalandogli di fatto un comparto trainante per la nostra economia, quello automotive che comprende oltre alla produzione di auto, anche l’ingegneria , la produzione di componentistica, i servizi per la logistica,  la vendita e la manutenzione.

    Il problema è che le automobili elettriche sono perlopiù sgradite agli acquirenti, vuoi per il costo piú alto rispetto alle termiche, vuoi per la mancanza di colonnine di ricarica, vuoi per i costi per il rifornimento o per le tempistiche necessarie alla ricarica che ne fanno un prodotto che complica la vita degli utenti anziché facilitarla, col risultato che se ne vendono ben poche, molte meno di quelle che le case automobilistiche europee speravano di piazzare.

    E a poco sono servite mosse assurde come il tassare eccessivamente le auto piú inquinanti o addirittura diminuire la produzione di auto termiche, come dichiarato da poco da Stellantis probabilmente per drogare le statistiche,  per cercare di forzare la mano agli acquirenti: l’utente medio non vuole le macchine elettriche, e se proprio è costretto compra quelle cinesi che costano meno o al limite quelle ibride.

    Il risultato inevitabile è la crisi del mercato, e l’ultima genialata è l’imposizione di dazi sulle auto elettriche cinesi, inguaiando i produttori europei che per i dazi di ritorsione non riusciranno a vendere le loro auto nel mercato cinese, molto piú importante di quello europeo e che ha spinto, sempre per ritorsione, a bloccare gli investimenti sul territorio europeo delle aziende cinesi interessate a produrre in europa uccidendo la speranza di salvare le fabbriche esistenti e gli operai dalla chiusura vendendo gli stabilimenti ai produttori della grande muraglia.

    Alla fine rimarremo senza auto e senza industria, probabilmente mantenendo una piccola produzione di nicchia ad alto costo e importando il resto a prezzi maggiorati dalla Cina.

    In pratica un’operazione suicida dettata dalla volontà di assecondare ingerenze straniere o utopistiche visioni del mondo che nessun altro rispetta ponendoci da soli in una condizione di mercato più che sfavorevole.

    Voi cosa ne pensate? Avremo ancora produttori europei o il mercato si ridimensionerá fino a scomparire?

  • Arrivano i dazi sotto i 150 euro: diremo addio a Temu, Shein e Aliexpress?

    Arrivano i dazi sotto i 150 euro: diremo addio a Temu, Shein e Aliexpress?

    Una nuova tegola é in arrivo per i nostri acquisti di prodotti a basso costo, infatti pare sia allo studio una ennesima riforma delle normative doganali europee che cancellerebbe l’esenzione dei dazi sotto i 150 euro di valore, creando problemi agli store cinesi come Temu, Aliexpress o Shein dove l’importo medio degli acquisti é generalmente sotto questa cifra.

    Questo comporterá sia un aumento dei costi,non tanto per il dazio in se che su piccoli acquisti potrebbe incidere per pochi spiccioli quanto per i costi doganali che l’operatore postale richiede per l’ispezione doganale che ogni pacco dovrá subire, dato che qualsiasi pacchetto indipendentemente dal suo valore dovrá obbligatoriamente  fermarsi in dogana.

    Ció significa che i tempi per lo sdoganamento si allungherebbero a dismisura, vanificando i vantaggi delle procedure per il pagamento dell’IVA alla fonte per acquisti di valore inferiore ai 150 euro che esentavano dal controllo del pacco in dogana velocizzando i tempi di importazione.

    Se la norma dovesse passare, e in tempi di scontri geopolitici la cosa non é affatto improbabile, ci dimenticheremo quantomeno di ricevere i pacchi dalla Cina in una decina di giorni, dato che si tornerá , come avveniva sino a qualche anno fa, ai pacchi fermi alla dogana italiana per un mese o piú in attesa di sdoganamento per carenza di personale, con la beffa che le poste per poter sopperire a queste lavorazione extra chiederanno il diritto postale come per i pacchi di provenienza extra-UE per i quali l’IVA non é pagata alla fonte.

    E questo, ipotizzando che non aumentino, significherebbe pagare un extra di 2 euro se il valore é inferiore ai 22 euro, 5 euro se il valore é inferiore ai 1000, o ben 15 euro per valori superiori o in caso di irregolaritá nella documentazione:  quindi per il pacchetto da temu con 25 euro di valore dovrete pagare al postino 5 euro, escludendo la possibilitá di poterlo ricevere in nostra assenza  e sopratutto attenderlo un mese: queste complicazioni potrebbero farci desistere dall’acquisto, dato che si tratta di acquisti generalmente non irrinunciabili.

    Consideriamo peró che la richiesta per queste cianfrusaglie a basso prezzo é tanta , al punto che la stessa Amazon sta mettendo in piedi un sistema per la gestione degli ordini dei prodotti cinesi per competere coi vari Aliexpress, Temu e Shein che una volta saturato il mercato interno si stanno espandendo pesantemente  fuori confine, come dimostrano le sponsorizzazioni di questi marketplace negli eventi piú importanti come Festival di Sanremo, Europei di calcio o Olimpiadi.

    person using a macbook and holding a credit card

    La speranza è che le problematiche degli operatori postali nella gestione di così tanti ordini faccia desistere la politica da questa scelta, ma considerato che non è l’unica mossa per mettere i bastoni sulle ruote ai prodotti cinesi, basti pensare ai recenti dazi sulle auto elettriche di cui vi parlavo in precedenza, il rischio é che tra non molto gli acquisti dalla Cina potrebbero diventare molto meno convenienti.

    Voi eravate al corrente della cosa? Avete qualche dubbio, curiositá o suggerimento? Scrivetelo nei commenti,