Tag: censura

  • La VPN serve davvero?

    La VPN serve davvero?

    Spesso su internet si sentono spesso pubblicizzare servizi di VPN che promettono sicurezza e protezione, ma sono davvero utili e mantengono le promesse?

    Ovviamente l’utilitá dipende da quello che vogliamo farci, oltre dalle funzionalitá offerte del servizio, ma va considerato che per un utente comune potrebbero essere superflue.

    Il suo ruolo é di creare un tunnel virtuale tra il nostro dispositivo e il server vpn nel quale fare passare i dati della nostra navigazione, che verranno crittografati così da non essere intercettabili né da un hacker né dal nostro provider internet.

    Questo procedimento ci da alcuni vantaggi, in primis il fatto che la nostra navigazione risulterá uscire dall’IP del nostro server VPN consentendo di farci localizzare in una localitá differente da quella dove ci troviamo, qualora il server al quale ci colleghiamo fosse ad esempio in un’altra nazione, così come mascherando l’IP si impedisce il tracciamento delle attivitá online del nostro IP originale tutelando la nostra privacy.

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    Inoltre la crittografia dei pacchetti fa in modo che si crei una protezione che impedisca di vedere il nostro traffico e quindi permettere a qualcuno che non sia il nostro server VPN di leggere i nostri dati, che potrebbero altrimenti essere utilizzati da un malintenzionato o dal nostro provider per limitare o bloccare l’accesso a determinati siti.

    E la cosa diventa importante quando si naviga su reti pubbliche, su wifi gratuiti dove un malintenzionato può facilmente carpire i dati della nostra navigazione e magari utilizzarli per rubare dati , password o conversazioni private.

    Lo svantaggio puó essere in alcuni casi una minore velocitá, il dovere installare e ricordarsi di utilizzare un software in tutti i nostri dispositivi che puó essere complicato, ma soprattutto dato che ci si deve fidare del server VPN al quale ci si collega, quindi si è praticamente costretti ad utilizzare un servizio a pagamento che ci garantisca affidabilitá.

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    Teoricamente esistono anche servizi gratuiti, ma a meno di utilizzi sporadici, ha poco senso di utilizzarli perché possono essere molto meno efficienti non disponendo delle risorse di un servizio a pagamento ma soprattutto per remunerare le spese necessarie al funzionamento potrebbero vendere i nostri dati, rendendo inutile se non dannoso l’utilizzo, soprattutto se abbiamo esigenze di privacy.

    Ma quali sono le applicazioni pratiche per cui potremmo avere bisogno di acquistarne una VPN? Sicuramente la possibilità di localizzarsi in un’altro paese ci apre le porte a contenuti con dei blocchi geografici, ad esempio poter vedere dall’Italia uno streaming disponibile solo per gli Stati Uniti, o vedere un programma della TV italiana quando siamo all’estero.

    Organizzandosi con cura si riesce pure a comprare prodotti e servizi destinati ad un paese estero, che possono avere funzionalitá e prezzi differenti: dal biglietto aereo venduto a un prezzo piú basso in un paese piú povero o dove c’é piú concorrenza, al servizio di streaming sportivo con le partite del nostro campionato venduto a cifre molto più abbordabili rispetto ai servizi nostrani.

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    Altro vantaggio é la possibilitá di aggirare blocchi e censure: spesso gli stati bloccano alcuni siti nel loro paese, ma localizzandosi in un paese dove il blocco non è presente si aggira il problema, e la cosa diventa importante in paesi come la Cina dove il blocco riguarda la maggior parte dei servizi internet occidentali, ma che abbiamo anche da noi quando tentiamo di accedere ad esempio , ad un sito di informazione russo. 

    In questi casi l’accortezza é ,quando si viaggia in paesi che hanno di queste limitazioni,  di attivare la VPN prima di partire perché l’accesso per abbonarsi  ai servizi di VPN potrebbe essere bloccato nel paese di destinazione.

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    A volte il blocco esiste per impedire l’accesso a siti illegali e bypassare questo blocco, a secondo delle leggi potrebbe costituire un reato, e se è pur vero che usando la VPN si riescono a nascondere le proprie tracce online un eventuale reato rimane comunque punibile.

    Sicuramente sará piú difficile farsi beccare in attivitá quanto meno borderline, come la fruizione di contenuti illegali o pirateria, ma anche accesso a materiale discutibile (ad esempio pornografico o  estremista) seppur non illegale, ma c’è da ricordare che se si commette un reato probabilmente si verrá puniti comunque anche se non in flagranza di reato.

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    Altra opportunitá delle VPN l’abbiamo quando i provider internet limitano il traffico dati mobile al raggiungimento di certe soglie di traffico, rallentando i fruitori dei siti che consumano piú banda : non potendo il provider sapere dove navighiamo, dato che vedrá il traffico esclusivamente in direzione della nostra VPN potremmo, a seconda dei casi bypassare queste limitazioni.

    Poi come detto ci viene in aiuto per la privacy, anche se la protezione non è completa al 100%, sicuramente complica il lavoro di chi ha intenzione di tracciare la nostra navigazione, sia a scopi pubblicitari che illegali, cosi come consente di arginare alcuni tipi di attacchi informatici specie quando sono coinvolte reti wifi pubbliche e dispositivi mobile come smartphone e tablet.

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    Voi conoscevate le VPN? Le utilizzate regolarmente?

  • Addio a tiktok e alle nostre libertá digitali

    Addio a tiktok e alle nostre libertá digitali

    Uno dei social piú in voga del momento, TikTok rischia di scomparire, quanto meno negli Stati Uniti, e se questo venisse confermato é probabile che faccia la stessa fine anche in Europa.

    Tik Tok, infatti rischia il ban negli States ufficialmente per questioni di sicurezza nazionale, in realtá é la vittima della guerra commerciale contro la Cina, essendo la proprietà cinese, e nonostante i dati dell’applicazione, a causa delle prescrizioni di legge,  risiedono esclusivamente nel territorio dove é residente l’utente e non vengono pertanto conservati in Cina, dovrá comunque essere venduta ad una compagnia americana o altrimenti verrá vietata sul suolo americano.

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    La compagnia proprietaria ha fatto sapere che l’app non è in vendita, quindi è probabile che alla fine dell’ultimatum di 9 mesi concesso dal governo federale, a meno di ripensamenti non sará piú disponibile sugli store e sui cellulari degli utenti americani.

    E anche in Europa, continente vassallo dell’America, per Tik Tok tira una brutta aria: giá la app era stata vietata ai funzionari della commissione europea per presunti problemi di sicurezza, sono stati richiesti chiarimenti per il funzionamento di alcune sue funzionalitá e anche Ursula Von der Leyen, ha recentemente fatto intendere che non è escluso che anche in Europa nel prossimo futuro venga bannata come negli USA.

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    La sua colpa è di essere un’applicazione di successo non sviluppata da una compagnia americana, quindi non direttamente controllabile, che la si voglia vedere come protezionismo degli americani o una pedina della guerra commerciale in essere contro la Cina, pagherà per il suo successo.

    Ma non sará l’unica app che rischia di scomparire a seconda dei chiari di luna dei governi, soprattutto in Europa, dopo l’approvazione del DSA, Digital Services Act non mancano gli appigli per bloccare applicazioni sgradite alla politica.

    E nel mirino ci sono app che con la scusa di misinformazione o disinformazione , gestione della privacy o sicurezza veicolano contenuti che possono rivelarsi poco graditi, soprattutto in un periodo di guerra dove la censura e la propaganda, seppure in maniera subdola sono ben presenti dalle nostre parti.

    a woman using smartphone and ring light

    E a rischiare sono applicazioni dove si tende a non controllare le opinioni degli utenti, consentendo di pubblicare o non ostacolando la diffusione di certe tipologie di contenuti ritenuti scomodi o non allineati , anche se perfettamenti legali e veritieri, soprattutto in periodo di campagna elettorale.

    I primi indiziati sono Telegram e X , precedentemente noto come Twitter, dove la libertá di espressione degli utenti viene tutelata maggiormente rispetto ad altre applicazioni concorrenti, dove utilizzando il grimaldello del fact-checking vengono spesso silenziate, o ridotte nella diffusione discussioni con punti di vista non allineati al sentire comune, vuoi per piaggeria coi potenti, vuoi per non rischiare sanzioni o per non vedersi tagliati gli introiti pubblicitari, parlare di certi argomenti diventa quasi impossibile.

    Ma anche piattaforme piú vicine al potere come Facebook e Instagram sono a rischio : di recente sono state messe sotto inchiesta dalla comunitá europea in quanto non farebbero abbastanza per contrastare la presunta disinformazione russa, a riprova che basta portare un parere non allineato, come magari esprimere il punto di vista dei russi nella guerra con l’Ucraina, per essere silenziati.

    Atteggiamento che comunque non è nuovo visto che prima dei conflitti in Ucraina e in Palestina, il capostipite degli argomenti taboo é stato il covid, dove si silenziava ogni opinione minimamente critica sia sui vaccini che sulla gestione della pandemia, green pass e limitazioni alla circolazione.

    Purtroppo le libertà digitali si stanno lentamente stringendo, e se un tempo a venire limitata era la circolazione di informazione nei giornali e nelle tv, ora che il dibattito politico nasce principalmente in rete è la rete a venire silenziata se questo si ritiene che possa essere funzionale al potere.

    E questo avviene indipendentemente dal punto di vista o dalla veridicitá delle affermazioni , dato che per l’utente comune o per una fonte indipendente, solo trattare di certi argomenti diventa taboo, a meno di non essere una fonte ufficiale , e quindi piú soggetta al controllo del potere: quando si trattano argomenti scomodi si potrá sottostare alla limitazione della diffusione dei propri post , alla segnalazione o alla cancellazione dei contenuti.

    Voi cosa ne pensate? Avete notato limitazioni alla vostra libertà digitale? Avete qualche dubbio o curiositá? Scrivetelo nei commenti.

  • Il pericolo della censura digitale

    Il pericolo della censura digitale

    Come conseguenza dell’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021 è accaduta in rete qualcosa di molto serio per le libertà digitali, l’oscuramento oltre di post e profili riconducibili a Trump e ai suoi sostenitori , anche di alcuni social network non allineati come Parler rei di avere una politica incentrata alla massima liberta di espressione, dove la moderazione e la censura non sono di casa e perciò diventati l’ultima roccaforte dei sostenitori di Trump già in precedenza bannati dalle molte delle principali piattaforme online.

    Inoltre questi blocchi non si sono limitati a bloccare i post ritenuti pericolosi dai vari social network, bloccando i profili dei sostenitori, ma si è provveduto a cascata a bloccare anche chi fosse lontamente collegato all’ex presidente degli Stati Uniti, come chi vendeva cappellini e merchandising, a bloccare gli incassi delle donazioni dei supporters sospendendo gli incassi delle carte di credito, ma soprattutto a bloccare l’hosting di chi non osteggiava Trump, ma cosi facendo hanno bloccato migliaia di contenuti che nulla hanno a che fare con questa storia, con un attacco raramente cosi pesante anche se non si tratta della prima volta che accade, dato che qualcosa di simile era già successo in passato con Wikileaks prima e più recentemente con Pornhub anche se in maniera meno plateale.

    Direte voi si tratta di aziende private e saranno loro a decidere chi ospitare nei propri server o a chi fornire i propri servizi, in realtà non è proprio così per una questione di responsabilità

    Infatti il nocciolo della questione è l’hosting, chi fornisce servizi online in genere affitta i propri server a utenti terzi che hanno la responsabilità di cio che pubblicano, esulando il proprietario dei server da responsabilità: per fare un esempio è come se noleggiassi un’automobile e con questa ammazzassi delle persone o la usassi per una rapina, la responsabilità è la mia non di chi mi ha affittato la macchina.

    Ovviamente ai social network inquadrarsi come hosting permette di poter scaricare sugli utenti le responsabilità di cio che viene scritto sulle loro piattaforme, e permette loro di non dover controllare, moderare , cancellare i contenuti dato che sulla carta il loro ruolo è solo quello di mettere a disposizione degli spazi sul web in cambio di un corrispettivo che può essere economico oppure la possibilità di vendere la loro pubblicità

    Il problema nasce quando chi fa hosting si mette a fare l’editore decidendo chi è degno o meno di utilizzare i propri spazi cosi come normalmente fanno i giornali o le emittenti televisivi, che però per fare questo hanno delle regole da seguire e soprattutto si assumono la responsabilità di tutto cio che pubblicano e non solo di quello che gli fa comodo.

    Ovviamente essendo editori possono decidere di avere una linea editoriale pro o contro un determinato argomento, o fazione politica, cosi come esistono testate  schierate a  sinistra, a destra o che sostengono determinate cause, sarà poi l’utente a scegliere quel social cosi come sceglie di comprare quel giornale schierato o di guardare quel programma televisivo, ma se sono editori si devono anche assumere gli oneri che questo comporta

    Non si può tenere il piede in due staffe e fare quando fa comodo l’editore per cancellare i contenuti sgraditi e nel resto del tempo fingere di essere soltanto hosting e magari tenere in rete chi commette reati senza essere perseguito

    La cosa diventa essenziale quando gli utenti dovessero commettere reati sulle piattaforme online, da quello che incita alla rivolta o che vende armi e droga, a chi commette crimini più o meno gravi, chi incita al suicidio, magari stupra in diretta social, pubblica foto pedopornografiche , ricatta degli utenti la responsabilità ricadrebbe non più solo sull’utente che ha postato quel contenuto ma anche sulle piattaforme stesse.

    Il problema è quando le piattaforme ad esempio usano la scusa di bloccare l’hate speech  o altri comportamenti a loro dire scorretti per tenere il piede su due staffe, facendo nella pratica gli editori quando però si professano hosting: anche perché se è la stessa azienda a fare da giudice che autorità ha per decidere, quando la azienda stessa potrebbe avere un suo orientamento politico e che quindi potrebbe usare due pesi e due misure a seconda dei casi e non lasciare a un’entità terza la decisione? E tralaltro nulla cambierebbe se è l’azienda stessa a scegliere un arbitro sulla carta terzo ma che invece potrebbe essere , magari sotto mentite spoglie, di parte.

    Pertanto se la linea è quella di bannare chi incita all’odio dovrà essere fatto nella stessa maniera per esempio sia nei confronti di chi è a favore, nel caso in questione , di Trump, ma anche di chi lo osteggia, secondo dei criteri di trasparenza e non essere pronti a bloccare solo chi ci fa comodo.

    Il problema è che nel caso specifico di Capitol Hill è stato deciso da qualcuno che non è un tribunale che dovessero essere silenziati i sostenitori di Trump e tutti hanno seguito chi più e chi meno a ruota bloccando tutte le piattaforme legate anche in maniera marginale all’allora in carica presidente degli Stati Uniti.

    La decisione è stata politica e nasceva dalla voglia di ingraziarsi il nuovo presidente Biden ben sapendo che ormai l’uscente Trump di li a pochi giorni sarebbe stato fuori gioco, cercando di mettersi al riparo da possibili politiche fiscali e normative che potrebbero minare l’attuale business, salendo sul carro del vincitore per poter riscuotere in seguito, ad esempio evitando possibili operazioni antitrust come smembramenti di società divenute ormai troppo grandi , nuovi obblighi fiscali che rendano più difficile l’elusione delle tasse, norme sulla pubblicità e sulla privacy più stringenti che frenerebbero il business di chi fa soldi con gli interessi e le abitudini dei propri utenti ma soprattutto delle norme che obbligherebbero le piattaforme digitali ad assumersi le proprie responsabilità.

    Voi cosa ne pensate a riguardo? Hanno fatto bene le piattaforme digitali a bloccare Trump e i suoi seguaci, e soprattutto questo secondo voi potrebbe ledere i vostri futuri diritti digitali? Fatecelo sapere nei commenti.