Casa e Energia

  • Chi paga l’ecologismo?

    Chi paga l’ecologismo?

    Parliamo di ambientalismo e dell’effetto che l’inseguire ambiente ed ecologia ha ed avrà sui nostri portafogli. E’ notizia recente che a partire da Ottobre le bollette dell’energia elettrica e del gas aumenteranno del 40% in media dopo che hanno già subito importanti aumenti nel corso dell’anno già parzialmente calmierati dal governo: il problema di fondo è la motivazione per quei questi aumenti ci sono stati, e che in altri paesi europei come la Spagna questi aumenti sono stati ancora più importanti.

    No , la motivazione principale di questa stangata non è il costo della materia prima nonostante qualcuno ce lo voglia far credere, o almeno non lo è direttamente. Seppure il costo della materia prima sia leggermente aumentato, purtroppo questo cuba ben poco sui prezzi, visto che la gran parte di ciò che paghiamo per l’energia sono tasse ed accise. Il problema principale infatti viene dall’Europa e da una tassazione sempre più stringente delle energie non rinnovabili: in pratica chi produce energia da fonti non rinnovabili, ma c’è qualcosa di simile anche nel mondo delle automobili , deve pagare una sorta di diritto di inquinare che cuba pesantemente sul fatturato dei produttori che emettono CO2 e che con le normative europee sempre più stringenti  ovviamente si riverbera sul prezzo che è costretto ad aumentare in maniera veramente pesante.

    Per evitare di pagare questi diritti di inquinamento, se non dovessero cambiare le leggi si dovranno aumentare le fonti pulite di approvvigionamento dell’energia quindi eolico e fotovoltaico che sono sicuramente meno efficienti di altre soluzioni più inquinanti e che generalmente sono rese convenienti solo dagli incentivi che paghiamo in bolletta, ma non potendo aumentare più di tanto queste energie, l’unica soluzione per avere energia pulita in quantità sarà il nucleare, che già avevamo ma che l’Italia ha dismesso a causa di un referendum e che potrebbe tornare in voga, anche se per questioni logistiche non in tempi rapidi.

    Se poi è vero che i governi nazionali stanno cercando di metterci una pezza calmierando per quanto possibile i prezzi, i soldi che serviranno allo scopo arriveranno da altre tasse o da una minore erogazione di servizi pubblici, quindi in qualsiasi modo siamo sempre noi consumatori che paghiamo in un modo o in un altro il conto dell’ecologismo , anche se magari non vorremmo farlo.

    Soprattutto con una stangata del genere, anche il consumatore più ecologista non penso sia felice di pagare aumenti di questa portata, anche perché probabilmente nessuno li ha chiesti, e non sono probabilmente necessari: ridurre la CO2 non è detto che risolva i nostri problemi ecologici, ma ce ne crea sicuramente di economici, a maggior ragione se questa lotta all’inquinamento resta confinata all’Europa: in un mondo globalizzato se Cina o Stati Uniti hanno dei limiti all’inquinamento meno stringenti dei nostri, potranno avere dei prezzi più competitivi a discapito delle produzioni europee.

    Senza contare che colpire l’energia si ripercuote a ruota su tutte le produzioni, sulle materie prime che già stanno aumentando per altre ragioni, sul trasporto, sui servizi, etc. siamo proprio sicuri di volerci dare la zappa sui piedi nella migliore delle ipotesi per perseguire un ideale, o nella più realistica a mio modo di vedere per fare un po di greenwashing ed apparire belli e puliti all’opinione pubblica tanto il conto lo paga qualcun altro?

    Il problema è che con queste mosse si crea inflazione e si perde di competitività senza risolvere i problemi: se un prodotto costa sensibilmente meno verrà sempre preferito a quello più costoso anche se è più ecologico, il surplus da pagare per un un prodotto ecologico per essere sostenibile deve essere minimo altrimenti si continuerà a comprare il prodotto inquinante ma meno caro, e alla lunga si inquina di più e probabilmente il produttore europeo verde in assenza di vendite sarà costretto a chiudere, quindi oltre il danno la beffa. Ha senso tutto questo?

    Non sarà meglio invece di tassare chi inquina cercare di ridurre l’inquinamento efficientando i prodotti, allungandone la vita per evitare di produrre e smaltirne di nuovi, agevolando il ricambio solo di prodotti effettivamente troppo inquinanti, incentivando le riparazioni in luogo delle sostituzioni?

    Se un nuovo prodotto consuma poco meno del vecchio vale la pena incentivarne la sostituzione considerando l’inquinamento della produzione di uno nuovo e lo smaltimento del vecchio o è meglio incentivarne la riparazione? Forse avrebbe senso sostituirlo solo se consumasse meno della metà ma spesso col marketing si fa credere il contrario pur di vendere un pezzo in più…

    Voi cosa ne pensate di questi aumenti? Li ritenete un male necessario?

  • La falsa urgenza di cambiare gestore elettrico

    La falsa urgenza di cambiare gestore elettrico

    Sicuramente vi sarà capitato di ricevere qualche telefonata molesta da qualche call center che vi vuole vendere i loro prodotti o servizi , ma non siamo qui per parlare di come fare per bloccarli, se magari se vi può essere utile potremmo fare un prossimo articolo a riguardo, nel caso scrivetelo nei commenti.

    Dicevamo tra le chiamate indesiderate dei call center una tipologia che mi capita spesso di questi tempi è quella dei gestori di energia elettrica, e uno in particolare è ai limiti della truffa per come si pone , anche per il fatto che si tratta di uno dei gestori più importanti e conosciuti del nostro paese ma usa mezzucci che magari mi potrei aspettare da un piccolo e sconosciuto operatore di provincia e non da una multinazionale eppure…

    Infatti per convincerci a passare al mercato libero, quindi per passare dal servizio elettrico nazionale, quello chiamato a maggior tutela che abbiamo se non abbiamo mai scelto un fornitore di energia, mantenendo un vecchio contratto, si inventano la scusa che questo cambiamento sia obbligatorio, e gia questa è una mezza verità, ma soprattutto sostengono che debba essere fatto entro giugno 2021 ed è qui che dicono il falso.

    Infatti sebbene lo stato rinvii la scadenza della fine del mercato a maggior tutela ormai già da qualche anno, allo stato attuale il termine è fissato al 1 gennaio 2023 e non è impossibile che tale termine venga ulteriormente prorogato, quindi almeno per privati e microimprese non c’è assolutamente fretta. Inoltre anche qualora non si scegliesse a scadenza un fornitore ce ne verrebbe dato in maniera provvisoria uno d’ufficio, come accade per le piccole imprese, in attesa della stipula di un contratto sul mercato libero in modo da non interrompere la fornitura di energia elettrica.

    Ma dobbiamo davvero passare al mercato libero e soprattutto conviene farlo? Beh prima o poi saremo costretti a scegliere un fornitore, quindi si tratta di una scelta che andrà fatta, ma considerando che questa scelta va fatta in base all’utilizzo che uno fa della corrente, di come, quando e quanto consuma farlo in un periodo dove la pandemia ha modificato le nostre abitudini non è una scelta saggia.

    Infatti a causa del covid siamo dovuti rimanere di più in casa e quindi abbiamo consumato di più, magari perché costretti a lavorare e/o studiare da casa, dovendo cucinare più spesso dato che è diventato difficile usufruire di mense e ristoranti come si faceva un tempo, passare il tempo libero in casa consumando di più, anche solo per riscaldare o raffrescare la casa anche quando saremmo stati in ufficio o in giro con gli amici. E il problema è che il ritorno alla normalità potrebbe portarci a cambiare ancora una volta le nostre abitudini, molte aziende ad esempio stanno pensando di continuare a fare lo smart working anche dopo la pandemia, magari in modalità differenti ad esempio con alcuni giorni di lavoro da casa e altri dall’ufficio: questo significa che i nostri consumi energetici cambieranno ancora: se prima si stava a casa quasi solo per dormire e mangiare una tariffa agevolata per le ore serali poteva essere la soluzione, ma stando in casa tutto il giorno una tariffa unica al prezzo più basso possibile ci avrebbe fatto risparmiare, ma dovendo stare in casa tutto il giorno solo per metà settimana probabilmente avremmo risparmiato con una tariffa a scaglioni di consumo, il problema è che in questo momento di cambiamenti lavorativi dovuti alla pandemia i nostri consumi probabilmente cambieranno ma non sappiamo esattamente come, e visto che c’è ancora tempo per scegliere forse è bene attendere che si calmino le acque, soprattutto perché alcuni contratti sul mercato libero ci potrebbero vincolare per un certo periodo, e se sbagliamo contratto rischiamo di pagare molto di più che col mercato libero.

    Se invece abbiamo le idee chiare e riusciamo a prevedere i nostri consumi, studiando un pò le offerte  si riesce a risparmiare sempre a patto di trovare un offerta che si addice alla nostra tipologia di consumo: se siamo un single che rientra a casa solo per dormire avremo bisogno di un contratto diverso da quello di una famiglia numerosa, o di chi ricarica la propria auto elettrica dalla presa del garage o che usa con regolarità elettrodomestici ad alto assorbimento come cucine ad induzione o sistemi elettrici di condizionamento o di riscaldamento o di chi ha installato un impianto fotovoltaico.

    Inoltre già capire una bolletta non è cosa semplice per chi è del mestiere, figuriamoci per un utente inesperto, che potrebbe incappare facilmente in offerte sbagliate specie se imbeccate dal venditore di turno, che magari vi vuole estorcere la firma sul contratto in maniera truffaldina promettendo risparmi che non ci saranno, e che al contrario potrebbero farvi spendere molto di più.

    Per quello il mio consiglio è di attendere ancora e nel frattempo di studiarsi l’argomento ,dalle offerte dei fornitori alla propria tipologia di consumi, aiutandosi anche dagli strumenti che mette a disposizione ARERA l’autorità statale che si occupa dell’energia, di cui vi parlavo in precedenza, che mette a disposizione ad esempio degli strumenti di calcolo dei  nostri consumi, un comparatore di prezzi e delle offerte standardizzate che ci permettono un confronto più semplice. Voi siete già passati al mercato libero o pensate di farlo a breve? State risparmiando o spendendo di più? Scrivetelo nei commenti

  • I gasatori per l’acqua frizzante in casa

    I gasatori per l’acqua frizzante in casa

    Oggi parliamo di un prodotto che forse avrete visto nelle pubblicità e che può essere comodo avere in casa se ci piacciono le bevande gasate: il gasatore.

    Si tratta di un sistema per aggiungere dell’anidride carbonica all’acqua per renderla frizzante, con la possibilità aggiungendo dei succhi concentrati di trasformare la nostra acqua gasata in bibita e col vantaggio di poter regolare a nostro piacimento la “frizzantezza” oltre ad evitarci l’acquisto e il trasporto delle bottiglie di acqua o bibite dato che utilizzeremo l’acqua del rubinetto.

    Il risultato che si ottiene generalmente è molto buono, ma ovviamente si parte dal presupposto di avere una buona acqua di rete: se ci arriva nel rubinetto un’acqua scadente o con un particolare retrogusto non sparirà con l’aggiunta dell’anidride carbonica, anche se c’è sempre la possibilità di filtrarla con un filtro da applicare sotto il rubinetto o utilizzando una caraffa filtrante, ma in questi casi va messo in conto il costo della sostituzione periodica del filtro che va cambiato dopo un certo numero di litri trattati.

    Ovviamente nonostante sia tecnicamente possibile farlo escludiamo di comprare dell’acqua in bottiglia da gasare in casa: comprandola al supermercato verrebbe meno sia la convenienza, sia lo sbattimento di doverla trasportare che il risparmio di plastica, che è sia un rifiuto che dovremo smaltire che un peso per l’ambiente.

    Ci sono vari tipi di gasatori, dai modelli più complessi e costosi che possono essere montati sotto al lavandino e che permettono di fare uscire l’acqua gasata e filtrata direttamente dal rubinetto, a quelli più economici che occupano pochissimo spazio in casa, non hanno fili o collegamenti idraulici, ma solo l’alloggiamento per una bottiglia e una piccola cartuccia di gas da ricaricare dopo un certo numero di gasature.

    In pratica questi gasatori economici creano un loro ecosistema di accessori: funzionano con delle bottiglie proprietarie che hanno una data di scadenza, i cilindri di gas devono essere ricaricati solo presso i rivenditori autorizzati che ce li sostituiranno con uno pieno portando indietro il vuoto, oltre a vendere concentrati e accessori, ad esempio per la pulizia, dedicati.

    Ovviamente il kit iniziale col gasatore, un cilindro e una bottiglia costa veramente poco, spesso si porta a casa il kit gasatore base in offerta anche con meno di 50 euro, quello che costano caro sono i vari accessori dell’ecosistema: il set di 3 bottiglie di plastica finiscono per costare più di 20 euro e a rigore vanno cambiate dopo qualche anno, cosi come la ricarica del gas ci costa poco meno di 15 euro ogni 80 litri di acqua gasata.

    Poi per dovere di cronaca bisogna dire che esistono delle soluzioni alternative per risparmiare, se per le bottiglie è meglio restare sulle originali dato che nonostante il prezzo da rapina vengono comunque ammortizzate nel tempo, al limite si possono usare oltre la data di scadenza, qualcosa si può fare per il gas: contenendo della comunissima CO2 nulla ci vieterebbe, violando i termini di licenza del sistema, di farcele ricaricare da chi carica estintori che potrebbe fare un prezzo più basso della ricarica originale, cosi come potremmo utilizzare dei cilindri più grandi che in proporzione hanno un costo di ricarica molto minore e travasare l’anidride carbonica nel cilindro originale utilizzando un adattatore che si può trovare su internet, o ancora potremmo crearci in casa la CO2 con del ghiaccio secco, anche se qui da noi non è facile da reperire a basso costo come accade in altre parti del mondo.

    Questo ci fa domandare se effettivamente conviene entrare in un sistema che ci scucirà costantemente soldi man mano che lo usiamo, e la risposta è che se facevamo normalmente uso di acque e bibite gasate tutto sommato quei soldi li avremo  comunque spesi al supermercato, poi a seconda dei casi può esserci il risparmio oppure andarci in pari, magari sentendosi comunque soddisfatti per aver rispettato l’ambiente, ma in realtà è una questione di gusti: se ci si è abituati a una certa marca di acqua gasata e beviamo esclusivamente quella non c’è gasatore che tenga, dopo averlo provato è probabile che torneremo alle bottiglie, se invece per noi un’acqua gasata vale l’altra passare al gasatore è conveniente anche rispetto alle bottiglie di acqua del discount. Diverso è il caso per le bibite, i concentrati originali costano cari, e nonostante alcuni gusti siano molto particolari e interessanti spesso vuoi per il gusto e vuoi per la spesa non battono la concorrenza delle bibite confezionate, quindi in pratica è promosso per l’acqua, un po’ meno per le bibite, ma è comunque questione di gusti.

  • L’abbattitore domestico

    L’abbattitore domestico

    Dato che da qualche tempo le trasmissioni televisive , i siti e i canali che parlano di cucina vanno di gran moda è diventato normale desiderare di portarsi in casa oltre a particolari ricette e tecniche di cucina anche qualche attrezzo particolare usato dagli chef.

    E sicuramente uno poco comune nelle nostre case ma che vediamo spesso in tv e che potrebbe essere utile nella cucina di un’aspirante chef è l’abbattitore: uno strumento che consente di ridurre le temperature degli alimenti velocemente permettendo di conservare meglio gli alimenti evitando la formazione di batteri, consentendo cotture particolari e permettendo di ridurre i tempi di preparazione di molti cibi, oltre a permetterci di rinfrescare le nostre bottiglie di vino o di birra in tempi molto rapidi.

    La versatilità è tanta, gli ingombri alla fine , a meno di non acquistare prodotti professionali , sono analoghi a quelli di un forno a microonde quindi relativamente facili da piazzare in una cucina casalinga, a meno di non avere spazi particolarmente risicati: magari se siamo appassionati di cucina vale la pena dedicargli uno spazio se stiamo rinnovando l’arredamento.

    L’unico difetto al momento è il prezzo, dato che si tratta di un prodotto di nicchia difficilmente si scende sotto i 1000 euro per un prodotto casalingo decente, mentre per uno professionale si spende tranquillamente anche 3 o 4 volte tanto, quindi probabilmente non è per tutte le tasche, ma cosi come è avvenuto per altri elettrodomestici col tempo i prezzi sono destinati a scendere e nel giro di qualche anno è probabile che possa diventare alla portata di tutti, un pò come è stato,  per fare un esempio, per i microonde, che appena arrivati sul mercato costavano l’equivalente di alcune migliaia di euro, mentre ora se ne trovano anche con meno di 50 euro…

    Indispensabile per il sushi dato che è obbligatorio abbattere il pesce crudo per evitare la formazione del pericoloso batterio anisakis, è molto utile per la pasticceria specie per gelato, meringhe e cioccolato, permette il surgelamento rapido mantenendo le caratteristiche organolettiche dei cibi senza alterarne  le caratteristiche, permette di portare rapidamente, tipicamente non più di 90 minuti, un cibo caldo a 90 gradi alla temperatura di 3 gradi permettendo la conservazione senza la formazione di batteri.

    Infatti uno dei suoi più grandi pregi è che surgela e non congela come fa il freezer: si tratta di due operazioni distinte: surgelando si ha una temperatura più fredda (-18 gradi) raggiunta in tempi più brevi creando dei cristalli di ghiaccio molto più piccoli e questo consente di mantenere i nutrienti e le caratteristiche organolettiche che invece si vanno a perdere scongelando un alimento, oltre a consentire una maggiore durata degli alimenti rispetto alla congelazione tradizionale

    Inoltre l’abbattitore scongela rapidamente senza alterare il cibo, permettendo uno scongelamento controllato, combinando lo scongelamento che si ottiene lentamente in frigorifero a +4°C, con la velocità di sistemi come microonde o acqua bollente che però rovinano i cibi, con la comodità di potere programmare un timer e/o con una cottura lenta al termine dello scongelamento, cosa che tralaltro può essere comoda anche nel senso inverso, ad esempio per surgelare automaticamente al termine di una cottura lenta o una volta abbattuta la temperatura dei cibi.

    Può mantenere la temperatura costante per permettere particolari lavorazioni (esempio cioccolato o il gelato) , per gestire la lievitazione, oppure realizzare una cottura lenta a bassa temperatura o ancora rigenerare un cibo quindi portarlo dai +3 gradi ai +65 mantenendolo alla temperatura costante in attesa di essere consumato.

    Una funzione molto comoda è quella di raffreddare le bottiglie: se ci siamo dimenticati di mettere in fresco la nostra bottiglia di vino o di birra potremmo raffreddarla in pochi minuti (tipicamente di 1 grado al minuto) salvando la nostra cena e facendo un figurone con gli ospiti potendo gustare al momento quella bottiglia che ci hanno portato per la cena

    Voi conoscevate questo elettrodomestico? Pensavate di comprarlo? Fatecelo sapere nei commenti, cosi come se avete dei dubbi o delle perplessità, e come al solito se possibile vi risponderemo.

  • Arrivano le nuove etichette energetiche

    Arrivano le nuove etichette energetiche

    Quando dobbiamo scegliere un nuovo elettrodomestico confrontandolo con altri simili siamo abituati a farlo tramite l’etichetta energetica presente sui vari prodotti dal lontano 1996.

    Questa etichetta assegnava, per quanto riguarda il consumo di energia e di acqua delle classi colorate da D ad A+++ all’efficienza del prodotto, con D la peggiore e A+++ la migliore, con dei colori che andavano dal rosso delle condizioni peggiori al verde di quelle migliori.

    Nuova etichetta energetica

    Dal 1 marzo 2021 è entrata in funzione una nuova versione aggiornata dell’etichetta energetica, che sostituisce quella che siamo abituati a conoscere e che introduce una classificazione aggiornata con nuovi valori che all’inizio potrebbe confonderci le idee, dato che cambiando i parametri le nuove non potranno essere confrontabili con le vecchie.

    Dato che dal momento della sua introduzione nel 1996 le caratteristiche dei prodotti sono migliorate sensibilmente, è stato necessario nel corso degli anni aggiungere dei valori oltre alla classe A, all’epoca la migliore, aggiungendo dei + per differenziare quei prodotti che essendo più efficienti superavano le  caratteristiche della classe A, arrivando fino alla classe A+++.

    E ora dopo 25 anni non potendo aggiungere dei + all’infinito si è deciso di fare un po’ di pulizia,  stabilendo delle nuove fascie  che ora vanno dalla G alla A, eliminando i + ma soprattutto con dei nuovi valori più stringenti per rientrare nelle varie fasce, lasciando il  modo che i produttori abbiano il margine e lo stimolo per migliorare i propri prodotti, e lasciando libere per il momento le fascie più elevate per prodotti migliori di quelli attualmente in commercio.

    Infatti la classe migliore della vecchia etichetta, la A+++ corrisponderà nei migliore dei casi alla fascia B delle nuove etichette, lasciando la A per quei prodotti che supereranno abbondantemente gli attuali standard, e assegnando le altre fasce  a scalare verso in basso,  questo significa che lo stesso prodotto che prima aveva una pur diginitosa fascia A che nell’etichetta precedente , ora è retrocesso nelle fascie più scarse,  magari in fascia D o E a seconda dei casi

    Vecchia etichetta

    Non allarmatevi quindi se vedrete degli elettrodomestici etichettati con una fascia poco felice: sono soltanto cambiati i parametri di riferimento, cosi come variano anche nelle indicazioni dei parametri presenti nelle etichette: ad esempio per i consumi di acqua ed energia non ci riferirà per quanto possibile all’uso annuo, ma rispettivamente al valore di un singolo ciclo e al consumo di 100 cicli in modalità eco , quella di maggiore efficienza.

    Sarà introdotta una scala sempre con delle lettere da A a D anche per la rumorosità e sarà presente un QR code che se inquadrato con il nostro smartphone ci permetterà di consultare una scheda tecnica più approfondita presente in rete sul database europeo EPREL

    In realtà in una prima fase la nuova etichetta sarà obbligatoria per alcune categorie di elettrodomestici come lavatrici, lavasciuga, frigoriferi e lavastoviglie, oltre a display come tv e monitor, posticipando l’obbligo al settembre 2021 per le lampade e al 2022 per asciugatrici , forni e cappe

    In contemporanea all’entrata in vigore delle nuove etichette si aggiungono delle direttive europee sull’ecocompatibilità dei prodotti che fissano paletti più stringenti per la progettazione, i consumi, il riciclo, la riparabilità e la disponibilità dei ricambi che dovrebbero garantire maggiore sostenibilità degli elettrodomestici, garantendo minori consumi e maggiore durata dei nostri apparecchi.

    E c’è da dire che l’argomento è molto sentito visto che il tema dell’obsolescenza programmata è una realtà importante in questo categoria di prodotti, soprattutto nei prodotti più economici, che spesso hanno una durata di vita progettata in fabbrica di modo che si guastino o perdano efficienza dopo un periodo prestabilito, tipicamente 5 anni dall’acquisto, e che debbano quindi venire essere sostituiti, dato che diventa antieconomico ripararli, vuoi per i costi rispetto alla sostituzione e vuoi per la indisponibilità di pezzi di ricambio creando danni sia alle tasche del consumatore che all’ambiente, dato che sia lo smaltimento che la produzione di un sostituto è fonte di inquinamento.

    Sulla carta tutto questo dovrebbe migliorare anche se a costo di un po’ di confusione nei confronti, almeno nel primo periodo. Voi utilizzate le etichette energetiche? Eravate al corrente della novità? Fatecelo sapere nei commenti, cosi come se avete dei dubbi o delle perplessità, e come al solito se possibile vi aiuteremo.

  • La Tv è da cambiare?

    La Tv è da cambiare?

    A causa dell’aggiornamento del sistema di trasmissione televisivo tra il 2021 e il 2022, sia per liberare preziosa banda per le trasmissioni 5g sul terrestre, che per permettere la trasmissione in alta definizione sul satellite si utilizzerà un’evoluzione dell’attuale sistema che semplificando al massimo la cosa consente di trasmettere nello stesso spazio più canali , o canali a maggiore definizione.

    Per fare questo però , a meno di non avere un apparecchio molto recente dovremmo aggiornare il televisore o dotarci di un decoder esterno. Se già avevamo un decoder esterno , magari perché riceviamo la tv da satellite, si tratterà di sostituire il decoder e la smart card, cosa che a parte la spesa risulta essere un’operazione alla portata di tutti, anche se potrebbe essere una scocciatura ci da in cambio la ricezione di alcuni nuovi canali che possono valere comunque la spesa.

    Se invece riceviamo la tv con un’antenna terrestre se non interveniamo perderemo in piu fasi la visione dei canali televisivi, prima quelli tematici e poi anche quelli generalisti , questo avverrà in più fasi e a seconda di  quanto è vecchio il nostro televisore soprattutto nella prima fase che avverrà nel corso del 2021 potremmo cavarcela con una risintonizzazione dei canali oppure essere costretti a cambiare televisore o a dotarci di un decoder esterno con il suo telecomando, cosa che probabilmente dovremo comunque fare nel corso della seconda e ultima fase prevista per il 2022.

    Per sapere se il nostro televisore passerà indenni queste fasi è possibile fare un semplice test, da fare possibilmente dopo una risintonizzazione dei canali qualora il televisore non la facesse in automatico: se il nostro televisore riesce a sintonizzare i canali HD come quelli RAI che si trovano alle posizioni 501 502 e 503 del telecomando, passeremo indenni la prima fase, mentre per sapere se passeremo indenni anche all’ultima basterà controllare se il televisore riesce a sintonizzare correttamente il canale Test HEVC Main 10 che si trova sulla posizione 100 o 200 del telecomando: se non lo trovate o si visualizzasse uno schermo nero purtoppo entro il 2022 dovrete dotarvi di un nuovo televisore o di un decoder.

    In tal caso, sappiate che con un ISEE inferiore ai 20.000 euro è possibile richiedere un bonus statale di 50 euro per l’acquisto di un nuovo televisore o di un decoder a patto che rientri in un’elenco di modelli stilato dal ministero, reperibile a questa pagina.

  • Gli elettrodomestici non sono più italiani

    Gli elettrodomestici non sono più italiani

    Facendo un giro nei magazzini di elettrodomestici vedrete che trovare un’elettrodomestico  italiano è diventata una rarità: se prima le aziende italiane erano quelle più presenti nei negozi specializzati, e a parte qualche prodotto tedesco di alta gamma praticamente tutte le lavatrici, i frigoriferi , le lavastoviglie o le cucine erano di produzione nazionale ora non è più cosi.

    Se da una parte il mercato è invaso di prodotti turchi (Beko, Telefunken), e cinesi (Haier, Hisense, Midea ,etc.), magari sotto le mentite spoglie di un vecchio marchio caduto in disuso e utilizzato su licenza come succede coi televisori, anche quasi tutti gli storici produttori italiani sono finiti tutti in mano straniere: come l’ex gruppo Zanussi acquistato dalla svedese Electrolux , il gruppo Indesit rilevato dalla americana Whirpool o come Candy rilevato dalla cinese Haier , e anche nella fascia alta troviamo più facilmente prodotti coreani (Samsung, Lg) , americani (Whirpool) o tedeschi (Bosch, Miele) anziché italiani

    Questo non vuol dire però che i prodotti italiani non ci siano, a parte qualche gruppo più piccolo restato indipendente, anche alcune delle case che hanno inglobato gli storici gruppi italiani hanno mantenuto alcuni stabilimenti, quindi qualcosa di fatto nella nostra  terra lo si trova ancora, anche se dipende dai prodotti, soprattutto le linee più economiche è più probabile che vengano prodotte nell’est Europa, in Cina o in Turchia anche se hanno sulla scocca uno storico marchio italiano, cosi come alcuni prodotti delle fasce più costose di alcuni marchi stranieri facenti parte dello stesso gruppo industriale è possibile che vengano prodotti dagli stabilimenti italiani.

    Poi ovviamente la qualità dipende da come viene ideato e prodotto quel bene, non dall’ubicazione dello stabilimento, dato che anche quando gli stessi gruppi erano in mani italiane producevano anche all’estero.

    Quello che però fa strano è l’essere passati nel giro di una ventina d’anni da paese leader nel settore degli elettrodomestici che li esportava in tutto il mondo a essere diventati una colonia invasa da prodotti stranieri dove non abbiamo più nemmeno un produttore nostrano di rilevo, almeno sui grandi elettrodomestici.

    Giusto qualche azienda di componentistica italiana rimane attiva con una certa importanza, ma come tutte le aziende dell’indotto le produzioni seguono la sorte degli stabilimenti che vanno a fornire: se le lavatrici vengono prodotte in Cina o in Turchia anche chi fa manopole o guarnizioni è probabile che sposti la produzione nei pressi degli stabilimenti dei propri clienti.

    E’ un lento declino , figlio della globalizzazione , purtoppo non dipende da noi, ma una cosa la possiamo fare: quando acquistiamo uno di questi prodotti cerchiamo, compatibilmente col nostro budget e le nostre esigenze, di sceglierne uno fatto in italia in modo da non ammazzare completamente questa industria e far chiudere anche quei pochi stabilimenti rimasti nel bel paese.

    Voi avete in casa degli elettrodomestici italiani o stranieri? Avete mai fatto caso al paese di produzione sull’etichetta? Scrivetecelo nei commenti cosi come se avete dei dubbi o delle curiosità.

  • Cambiare il gestore di elettricità

    Cambiare il gestore di elettricità

    Parlare di bollette dell’energia elettrica è un argomento spinoso e un pò fumoso, vista la complessità di una bolletta elettrica dove bisogna quasi essere quasi uno scienziato per capire il funzionamento delle tariffe e come mai anche con un consumo molto ridotto si hanno spesso bollette particolarmente pesanti.

    Infatti nelle bollette tra oneri di sistema e spese di trasporto, quindi quelle spese che , semplificando, remunerano i cavi elettrici , la potenza del contatore o la produzione di energie rinnovabili e tralaltro con i prezzi che variano all’interno di alcune soglie, dove i primi kilowattora hanno un prezzo, i secondi un altro e i terzi un altro ancora andare a racapezzarsi su come risparmiare è davvero un problema.

    C’è anche da dire che anche se non volessimo stressarci a cambiare gestore dell’energia elettrica prima o poi saremo costretti a farlo, infatti è prevista a breve la fine del mercato di maggior tutela: quindi il servizio elettrico nazionale, quello che storicamente chiamavamo enel, a causa della liberalizzazione del mercato cesserà di esistere e quindi saremo giocoforza costretti a cercare un gestore nel mercato libero, scelta che per le famiglie , a meno di ulteriori proroghe, dovrà essere fatta prima del 1 gennaio 2022.

    Ma conviene passare al mercato libero? In realtà dipende dal nostro consumo e dalle nostre abitudini, con qualche gestore spenderemo meno e con qualcuno di più quindi dovremo essere capaci di capire chi può farci effettivamente un prezzo migliore e non finire nelle mani del primo operatore che potrebbe farci spendere più del previsto, quindi prestate la massima attenzione quando firmate un contratto, ma come fare a trovare il gestore che fa per noi?

    La risposta più semplice è fare uso di un comparatore di prezzo. Ce ne sono tanti in rete che comparano tariffe telefoniche, internet, mutui, prestiti e anche energia. Fate però attenzione ad una cosa: questi comparatori vendono i loro servizi ai gestori, che concederanno una provvigione al comparatore o pagheranno per essere presenti o aver maggiore visibilità sui risultati di ricerca, ma alcuni gestori potrebbero ,magari per tenere le tariffe più basse possibili, non voler pagare per questi servizi e quindi non essere presenti sul comparatore, con il rischio che il gestore per noi più conveniente non ci verrà nemmeno proposto.

    Per ovviare al problema , se non si vuole spulciare a mano le offerte dei singoli gestori, si potrebbe fare uso di più comparatori sperando che quello col prezzo migliore per le nostre esigenze sia presente. In alternativa esiste un comparatore che potremmo definire statale, il portale offerte dell’ARERA, l’autorità statale che si occupa dell’energia e del gas dove sono presenti le offerte di tutti gli operatori in una determinata area geografica.

    Fortunatamente, a differenza delle bollette elettriche, questo comparatore , che trovate all’indirizzo www.ilportaleofferte.it , è di facile comprensione, basterà indicare alcuni dati, quali la località dell’impianto, se si tratta di una prima o di una seconda casa, se si vuole una tariffa dell’energia fissa o variabile, in pratica come fosse il tasso di un mutuo, la potenza del contatore, se si vuole una tariffa differenziata per fascie orarie o solo energia da fonti rinnovabili, eventuali servizi aggiunti e soprattutto il consumo previsto che puo essere rilevato dalle ultime bollette o stimato dal sito a seconda degli elettrodomestici presenti e dal numero degli abitanti della casa.

    Verrà restituito un elenco di gestori con la stima della spesa annua, e la differenza con il prezzo che pagheremo col servizio di maggior tutela, con la possibilità di scaricare una scheda con tutte le caratteristiche dettagliate dell’offerta di quel gestore, che in caso di nostro interesse potremmo contattare per sottoscrivere un contratto.

    Esistono inoltre delle offerte standardizzate dette Placet che ogni gestore deve offrire e le cui caratteristiche sono definite dall’autorità e non possono essere modificabili, se non dopo un’anno: queste essendo uguali per tutti i gestori consentono di poter confrontare facilmente i costi di ogni singolo gestore, anche se non è detto che la PLACET sia l’offerta più conveniente che il singolo gestore ci potrà fare.

    Insomma l’argomento è complesso, ma fortunatamente esistono degli strumenti che ci possono aiutare nella scelta. Voi li conoscevate? Scrivetelo nei commenti, cosi come se avete dei  dubbi o delle curiosità e se posso vi risponderemo.

  • Un vero hifi alla metà del prezzo di una cassa bluetooth

    Un vero hifi alla metà del prezzo di una cassa bluetooth

    Qualche giorno fa al pub si discuteva con gli amici di come ascoltiamo la musica nelle nostre case, e devo dire che risposta di un mio amico mi ha fatto triggerare abbastanza: dice di avere messo in cantina un impiantino hi-fi per sostituirlo con una cassa bluetooth di marca pagata 250 euro che a suo dire oltre ad essere molto più comoda, suonava anche meglio, e complice qualche birra di troppo ho scommesso che avrei trovato qualcosa di nettamente superiore spendendo la metà.

    Beh ripensandoci il giorno dopo a mente lucida devo dire di essermi messo in un bel pasticcio: c’è da dire che nella fascia tra i 100 e i 150 euro girando per i negozi di elettronica si trovano effettivamente dei micro hi-fi, anche di marchi importanti, ma si tratta di modelli veramente entry level , spesso fatti interamente in plastica o senza possibilità di collegare una fonte esterna AUX come un giradischi o un computer, che potrebbero effettivamente suonare peggio della cassa bluetooth del mio amico: non posso rischiare, devo trovare di meglio.

    Dalla mia devo dire che la qualità delle casse bluetooth per quanto valide non possono reggere il confronto, a meno che non serva la trasportabilità o l’impermeabilità di alcuni modelli, e quindi dovrebbero suonare peggio di un impiantino entry level, quanto meno per il posizionamento dei diffusori più consono all’alta fedelta, ma per contro il mio amico potrebbe giocarsela sulla potenza della sua cassa bluetooth e sui bassi molto enfatizzati: mi serve qualcosa di nettamente superiore, ma non posso sforare il budget.

    E l’idea che mi è venuta si basa sugli amplificatori economici digitali: dove un singolo chip del costo di pochi euro riesce a fornire prestazioni equiparabili a quelle di un’intero amplificatore hi-fi dal costo di centinaia se non migliaia di euro. Se all’inizio questi sistemi come i T-amp avevano una ottima resa ma erogavano poca potenza, col tempo sono arrivati sul mercato chip più potenti dove alla alta qualità si è aggiunta una potenza di erogazione di tutto rispetto: anche 100W per canale, con la possibilità di combinare più chip per ottenere più potenza o gestire un sistema surround: ecco che abbiamo degli amplificatori in classe D, di piccole dimensioni, grandi potenze al costo di pochi euro.

    Basandosi su questi chip , come il Texas Instruments TPA3116, addirittura esistono amplificatori in kit di montaggio per circa 10 euro, o amplificatori completi anche per 30 euro, qualche euro in più se si vuole il ricevitore bluetooth integrato , l’alimentatore incluso ,  che nel caso può essere recuperato da quello di un vecchio pc portatile o di un qualche apparecchio elettrico in disuso o più chip per gestire surround o una maggiore potenza.

    Infatti con circa 40 euro ho trovato su Amazon un amplificatore di produzione cinese, marchiato Breeze Audio, ma lo trovate identico con altri marchi, dotato di bluetooth e doppio chip per una potenza di 2×100 watt al quale aggiungerò l’alimentatore di un vecchio portatile , ma che nel caso voi non ne aveste per casa potreste recuperarlo in rete per poco più di 10 euro, o comprare già un pacchetto amplificatore + alimentatore.

    A questa spesa c’è da aggiungere un paio di euro per il cavo e soprattutto , gli altoparlanti. Qui mi direte casca l’asino, perche per stare nel budget che ci eravamo prefissati a meno di non beccare il colpo di fortuna nei mercatini dell’usato difficilmente di trova qualcosa che suoni meglio di un paio di altoparlanti per PC o dell’impiantino da 100 euro del centro commerciale.

    E invece una soluzione esiste, e anche quella si trova su amazon spendendo intorno ai 60 euro: anche qui parliamo di un prodotto cinese di un marchio che difficilmente avrete già sentito: LONPOO LP-42: si tratta di una coppia di casse passive da 75watt a due vie con woofer da 4 pollici e tweeter da 1 pollice, interamente in legno di ottima costruzione, e a detta anche di gente più competente del sottoscritto suonano meglio di casse che costano anche 4/5 volte di più.

    Vediamo un po di fare due conti : casse 65 euro, altri 40 per l’ampli, 5 euro di cavo, e 15 di alimentatore: siamo a 125 euro , proprio l’esatta metà di quanto speso dal mio amico per la sua cassa bluetooth, mi sembra che la scommessa l’abbia vinta io!

    Sicuramente può essere una base di partenza interessante anche per chi vuole ascoltare la musica in casa con una qualità decente , al quale magari attaccarci un giradischi, e che possa essere la base di partenza per prossimi upgrade, tipo per un amplificatore più serio, magari valvolare e che comunque senza occupare tanto spazio in casa, dato che le casse stanno tranquillamente su una mensola.

    Voi cosa ne dite? Vi piace questa soluzione o avreste usato dei componenti differenti? Fatemelo sapere nei commenti, cosi se avete dubbi o curiosità e vi risponderò.

  • I robot aspirapolvere

    Avrete sicuramente sentito parlare dei robot aspirapolvere, quei robottini che riescono a spazzare via la polvere e secondo i modelli pulire i pavimenti. Sicuramente essendo una tipologia di elettrodomestico nuovo suscita curiosità e dubbi, ma vediamo di fare un punto.

    Innanzitutto la prima domanda che uno si fa è Funzionano? Puliscono davvero? Beh si, anche se molto dipende dal modello che scegliamo, perché in giro si trovano modelli un po’ farlocchi che servono a poco o che costano più di quanto valgono, quindi è essenziale fare una buona scelta per non ritrovarsi in casa un prodotto poco utile.

    Sicuramente hanno un’uso diverso da un’aspirapolvere o scopa elettrica tradizionale, sono pensate per un’uso più frequente che consente di tenere pulita la casa, lasciando il grosso all’aspirapolvere tradizionale che potrà essere usata molto più raramente, quindi non la sostituisce ma la affianca.

    Una delle caratteristiche più interessanti è che sono relativamente autonomi: possono essere impostate per eseguire la pulizia , tramite un timer, un telecomando o un’app sul cellulare e tornare da sole alla base per la ricarica, lasciando al proprietario solo l’onere di svuotare il serbatoio della polvere, anche se a dire il vero i modelli meno sofisticati tendono ad impigliarsi sui tappeti costringendo il proprietario ad intervenire,  a meno di non averli fatti sparire prima di far partire il robottino.

    Il robottino una volta partito andrà in giro per la casa ad aspirare la polvere, passando almeno in teoria anche sotto i mobili e sui tappeti, per poi tornare alla sua base una volta finito il suo lavoro o quando la batteria si sta per scaricare.

    Vediamo come sono fatti, abbiamo un apparecchio di forma piu o meno tondeggiante, che integra al suo interno una batteria ricaricabile come quella dei cellulari, un motore per l’aspirazione come un’aspirapolvere tradizionale collegato ad una o più spazzole rotanti che convogliano lo sporco sulla bocchetta di aspirazione, e delle ruote che le consentono di muoversi. In aggiunta a questo abbiamo una base dove l’apparecchio andrà ricaricato, e ovviamente il serbatoio dove si deposita la polvere risucchiata, e dei sensori che aiutano l’apparecchio ad evitare ostacoli o a ribaltarsi.

    Una delle prime cose da verificare è il potere aspirante, quelle molto economiche tendono ad avere una potenza appena sufficiente a risucchiare la polvere, cosa che in presenza di animali in casa o di pulizie poco frequenti possono portare ad un risultato poco soddisfacente con polvere e briciole che non verranno aspirate completamente. Inoltre è bene che l’aspirapolvere abbia anche il filtro HEPA per le polveri più sottili , che ci consente una migliore pulizia e sanificazione degli ambienti.

    Altra cosa da tenere a mente in fase di scelta sono le dimensioni: quelle più grandi e soprattutto più alte possono avere problemi ad infilarsi sotto i mobili rispetto a una più bassa, per contro se è piu alta probabilmente avrà un serbatoio più grande e magari una batteria più grande che le consente una maggiore autonomia, riuscendo a pulire la casa in una sola passata senza doversi ricaricare, cosa molto utile se la facciamo partire quando non siamo in casa o se abbiamo una casa non piccolissima.

    Tralaltro alcune di quelle più alte possono avere delle funzioni utili come il modulo lavapavimenti, che consente di sostituire il serbatoio dello sporco con uno di acqua insaponata e un panno, col quale lavare i pavimenti  oppure una torretta contenente dei sensori o delle telecamere per mappare la casa che consentono all’apparecchio di non ripassare dove è gia passato, velocizzando la pulizia, evitando pericoli ed eventuali zone dove non vogliamo che l’apparecchio passi, senza dover chiudere porte o acquistare dei muri virtuali, non sempre disponibili per tutti gli apparecchi.

    Generalmente queste funzioni di mappatura, cosi come le app per gestire al meglio le funzionalita da remoto o i sistemi di movimento intelligenti sono caratteristiche dei modelli più performanti , e spesso esclusive di determinati marchi, quindi anche scegliere il produttore giusto ha il suo peso e non solo per la garanzia, ma soprattutto per la diponibilità eventuali accessori e ricambi, come le spazzole , i filtri o i panni per l’eventuale modulo lavapavimenti: il modello sconosciuto cinese venduto a un prezzaccio nonostante sembri sulla carta un’affarone potrebbe diventare presto un ferma carte se non si trovano gli accessori.

    E pertanto è bene capire bene cosa stiamo comprando magari consultando delle recensioni, per scoprire eventuali difetti, come allergia a certi tipi di tappeti , app che impazziscono, ricambi introvabili, rumorosità, autonomia limitata, funzione di ritorno in carica non funzionante etc., che potrebbero evitarci di fare un’acquisto sbagliato. Voi ne avete gia una in casa? La usate regolarmente? Fatecelo sapere nei commenti, cosi come se avete qualche dubbio o curiosita e come al solito vi risponderemo.